Il blitz dei poteri forti: il solito governo tecnico E Monti si autocandida

L’economista Monti sul "Corriere" lancia la sua candidatura a Palazzo Chigi senza chiedere il voto degli italiani. Così i furbetti dei salotti vogliono ribaltare il Paese

Il blitz dei poteri forti: 
il solito governo tecnico 
E Monti si autocandida

Mario Monti sul Correre della Sera in un editoriale con toni di superiorità, come si conviene al personaggio, ha posto, in modo criptico, ma non tanto, la sua can­didatura a presidente del Consi­glio di un governo tecnico. Ciò sulla base di un suo teorema, quello per cui la Bce, la Banca cen­trale europea, avrebbe commis­sariato l’Italia, imponendole un suo capo del governo tecnico, che egli chiama «podestà forestie­ro » ad immagine di quelli che i co­muni italiani spesso nominava­no nel XIII secolo. Tale «podestà forestiero» costituirebbe per noi un’onta e un danno e occorre so­stituirlo con un governo tecnico nazionale. Quando dice che la Bce ha com­mi­ssariato l’Italia, comportando­si da podestà forestiero del no­stro paese, Monti fa una afferma­zione errata che da un esperto di cose europee non ci si aspettereb­be. La Bce non ha potere politico essendo una banca centrale. L’Italia, invece, è soggetta ai vin­coli politici dell’Unione moneta­ria europea, che si determinano con le procedure attuate dal Con­siglio europeo, composto dai ca­pi di Stato e di governo dei paesi membri. Il piano varato da Berlusconi e Tremonti, che prevedeva il pareg­gio del bilancio entro il 2014, era stato sottoposto per l’approvazio­ne a tale Consiglio, che lo aveva ri­tenuto adeguato. Dunque, a diffe­renza di quello che afferma Mon­ti, se c’è stato uno sbaglio, questo è in primo luogo del Consiglio eu­ropeo. Il governo italiano e il suo Parlamento lo hanno approvato in una settimana, un record asso­luto. E l’Europa ha applaudito, non ha storto il naso. Ma le circo­stanze sono apparse peggiori di quel che in precedenza pareva, a causa di fattori, che hanno in gran parte origini al di fuori del­­l’Italia. Do you know Mister Oba­ma ? E ora tale manovra italiana non è apparsa più adeguata: non nella struttura, ma nei tempi. E il governo la ha accelerata. Ma la di­mensione e i contenuti della ma­novra, nella sua parte finanziaria e in quella costituzionale sono sempre gli stessi. E non li ha sug­geriti Trichet. La manovra ogget­to della accelerazione, per fare il pareggio entro il 2013, ha com­portato scelte politiche, e non pu­ramente tecniche, consistenti nell’agire sul lato della spesa sfrondando spese assistenziali e sociali indebite e nell’usare la le­va fiscale solo come ultima ratio , nel caso in cui non si riesca a fare tutti i tagli richiesti. E ciò per con­ciliare il rigore con obbiettivi di crescita che comportano di favo­rire le energie produttive, con pri­vatizzazioni, liberalizzazioni, in­vestimenti in infrastrutture. I no delle Regioni al piano casa e i no Tav della val Susa hanno ral­­lentato il rilancio delle iniziative di investimento stabilite. Il refe­rendum contro l’energia nuclea­re e contro le privatizzazioni e li­beralizzazioni nel settore dei ser­vizi pubblici locali ha tagliato una parte degli impegni. I ricorsi giudiziari di Cgil-Fiom contro la contrattazione decentrata di Fiat auto hanno creato ostacoli a que­sta liberalizzazione e ai connessi investimenti. Il programma pro crescita, insomma, incontra osta­coli politici, che rallentano l’azio­ne del governo attuale, che opera nel quadro di una riforma della Costituzione attuata dal centrosi­nistra, che ha dato enormi poteri di veto alle Regioni e agli enti loca­li, nei riguardi delle infrastruttu­re e degli investimenti in nuove iniziative. Ma questo governo sta dando prova di grande vitalità e una par­te delle altre forze politiche ora ne appoggia la manovra consape­vole delle difficoltà. Il podestà fo­restiero dei comuni italiani non è un organo tecnocratico, come Monti vorrebbe far credere. Casa­lingo o forestiero, il podestà era una figura politica, scelta da un Consiglio di rappresentanti del comune, per amministrarlo. An­che Berlusconi è, in un certo sen­so, un podestà forestiero entrato in politica, con la sua esperienza di imprenditore sul campo di bat­taglia.

Se Monti che sino ad ora non si è mai occupato di pubblici bilanci e di gestione, non ha mai discusso con i sindacati, sfidato le piazze, parlato con la gente co­mune nelle contese elettorali, ma è vissuto nelle sfere ovattate dei sinedri tecnici, intende scen­dere in politica, con uno suo pro­gramma, per il bilancio, per le re­gole costituzionali, per il fisco, per le infrastrutture, i contratti di lavoro, le pensioni gli standard sa­nitari, eccetera lo dica e lo presen­ti, senza cincischiare. Spunta il sole, canta il gallo, il podestà mon­ti a cavallo.

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