Bollate, il comune «no global» mette fuorilegge la Coca Cola

Michele Perla

da Bollate (Milano)

«Vogliamo difendere le donne e i bambini che lavorano per produrre la Coca Cola, dallo sfruttamento operato dalla multinazionale americana. Il nostro vuole esser un segnale che speriamo venga raccolto anche da altri comuni, e soprattutto dai consumatori». Motiva così Carlo Stellati, ex sindacalista, ex parlamentare diessino, ed oggi sindaco di Bollate, grosso comune alle porte di Milano, la singolare decisione assunta dal consiglio comunale nei giorni scorsi. Quella di rimuovere dai distributori delle bevande collocati in tutti gli spazi pubblici, la bevanda con le bollicine più famosa del pianeta. Una decisione fatta propria dalla maggioranza di centro sinistra su proposta del Pdci «che tutti i partiti del nostro cartello elettorale, hanno pienamente condiviso» sottolinea Stellati. Così da un giorno all’altro, la Coca Cola è stata rimossa dai distributori degli uffici comunali, delle scuole, della biblioteca e delle strutture sportive e ricreative di Bollate. Una decisione impegnativa per questo comune alle porte di Milano, che rischia di fare da battipista a tante altre municipalità che vorrebbero dichiarare guerra al colosso americano. Il boicottaggio commerciale è promosso in Italia dalla catena di disobbedienti e no global per protestare contro la «Coca Cola&Company» che, a loro dire, sarebbe responsabile in Colombia e forse anche in altri paesi dell’America Latina di gravi violazioni dei diritti sindacali dei lavoratori. Non solo: la multinazionale americana, sono convinti gli anti bollicine, sarebbe addirittura accusata di essere in combutta con i vari governi per neutralizzare, anche con metodi violenti, i sindacalisti più irrequieti.
«Non lo sappiamo con certezza ma dai nostri contatti con altri movimenti americani, anche di consumatori, ci arrivano queste voci - prosegue il sindaco -; certo ci vorrebbero le prove, le sentenze dei tribunali. Ma in Colombia ci sono i tribunali?». Insomma, anche se per nulla supportata da alcun riscontro concreto, la campagna anti Coca Cola deve andare avanti. Che, di questi tempi fa gioco ai partiti della sinistra per catturare le simpatie dei movimenti dell’ala estrema.
Come è accaduto recentemente a Empoli durante il viaggio della fiaccola olimpica, quando come si può leggere in un sito dei movimenti che sfilano insieme ai no Tav «al passaggio della fiaccola della vergogna è partita la contestazione illuminata dai fumogeni per renderla più visibile, continuata con un preciso lancio di uova, che hanno centrato più di un caravan della carovana Coca Cola».
«E allora, qual è lo scandalo?– conclude Stellati -. Noi vogliamo solo rendere pubbliche situazioni di sfruttamento che avvengono in America Latina ad opera di questa società. E poi, saremo pur liberi di scegliere come comune, quali bevande vendere nei nostri distributori!».

La decisione di abolire la bevanda gassata dagli edifici pubblici bollatesi produrrà comunque effetti limitati. Anche perché i dipendenti possono pur sempre portarsi da casa qualche lattina, per fortuna non ancora vietata dal sindaco e dalla giunta.

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