Il Bolshoi torna a splendere tra stucchi e palco hi-tech

Il teatro Bolshoi era il gioiello moscovita della corona, opulento e grandioso fin dal nome, che appunto vuol dire grande. Ma a un certo punto la pioggia iniziò a filtrare dal tetto e le fondamenta a scricchiolare. Nel 2005, un team di ingegneri mise tutti in allerta: c’erano 7 probabilità su 10 che la struttura collassasse. Nel frattempo i cervelli musicali russi se l’erano data a gambe. Il Bolshoi crollava a picco nella classifica dei teatri più importanti al mondo, collocandosi al 50simo posto.
Proprio nel 2005 iniziava la via crucis del teatro di Mosca: restauri infiniti, tre rinvii di inaugurazioni, scandali, inchieste. Fino all’altro ieri, quando un Bolshoi restaurato - al costo di 530 milioni di euro - è stato inaugurato con un gala che avrebbe dovuto esser degno del teatro degli zar, trasmesso in 600 cinema di tutto il mondo e su youtube in 36 Paesi. In realtà, all’ultimo è venuta a mancare la superstar Placido Domingo, che in compenso dieci giorni fa ha inaugurato il teatro del Sultano dell’Oman. Così come non c’era la cantante russa più in voga, Anna Netrebko. Mancavano insomma gli artisti glam, quelli che frequentano abitualmente il Marinskij e che sicuramente il suo potente direttore, Valery Gergiev, riuscirà a portarsi all’inaugurazione del nuovo teatro, sempre a San Pietroburgo, per la prossima primavera. Perché è chiaro, è San Pietroburgo ad aver preso quota oscurando Mosca. E’ stato un gala a base di musiche russe, con Cajkovskij, Glinka, Borodin, Shostakovich, Prokofiev. Fra gli artisti, le cantanti Nathalie Dessay, Violeta Urmana, Dmitri Khvorostovski, e il soprano Angela Gheorghiu. In sintesi, nessun italiano, non male per il Paese culla dell’opera. Per la danza, invece, gli ospiti erano la ballerina, nonché membro della Duma, Svetlana Zakharova, Maria Alesandrova, Natalia Ossipova e Ivan Vassiliev.
Povero Bolshoi. Reo di incarnare la gloria dell’Impero, i sovietici lo svestirono di tutto ciò che evocasse l’immagine del lusso, via stucchi, lampadari, orpelli vari. Anzi divenne uno spazio polifunzionale mentre una bella falce e martello veniva impressa sul sipario. Ora il logo è tornato ad essere quello adottato dagli zar, ovvero l’aquila a due teste. E se prima il Bolshoi era grande, ora è ancor più grande con una superficie calpestabile doppiata, 2000 posti a sedere, un palcoscenico tecnologico, tappezzerie, stucchi e decori in gran parte Made in Italy. Non s’è badato a spese che – pare – siano 16 volte tanto quelle del preventivo di partenza. Proprio nel 2009 si apriva un’indagine per corruzione causa dei costi lievitati a dismisura, si parlò di truffa, di appaltatori pagati tre volte per lo stesso lavoro. Misteri di uno Stato la cui prerogativa non è certo la trasparenza.

Ma il Bolshoi tira dritto e avvia la sua 236sima stagione. Sarà il Teatro alla Scala il primo ente ospite, il 12 novembre a Mosca con il direttore Daniel Barenboim. In programma Giuseppe Verdi e il suo Requiem: speriamo beneaugurante.

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