Bossi: «È fatta, Veneto alla Lega» Ma il Pdl nega e si apre un caso

EQUILIBRI Il Carroccio punta a far valere il suo consenso sul territorio Ma Galan non molla

Bossi: «È fatta, Veneto alla Lega» Ma il Pdl nega e si apre un caso

RomaL’affare, si sa, è «delicatissimo»: tanto da prevedere il gioco sul filo dei nervi. Giancarlo Galan, doge fino all’altro anno «serenissimo», vede la bandiera bianca su piazza San Marco sempre più vicina. Umberto Bossi, maramaldo, prova gusto a pretendere ora e subito la fine del regno di Galan, e taglia corto: «Il Veneto è già chiuso, non esiste alcun caso».
L’accordo c’è, sostiene il leader del Carroccio, evocando la parola che gli sarebbe stata data dal premier Berlusconi. Ma i tempi non sono quelli che la Lega vorrebbe, e la frenata, dopo tanto accelerare, arriva con la prontezza d’un «Abs». È uno dei coordinatori del Pdl, Ignazio La Russa, a smentire Bossi: «No, l’accordo ancora non c’è. Per il momento siamo alle rose dei candidati, che esistono per ogni Regione chiamata al voto». Nel frattempo, dal Viminale, il ministro Roberto Maroni ufficializza la data delle Regionali e Amministrative: si voterà il 28 e 29 marzo (ballottaggi l’11 e 12 aprile).
I tempi, insomma, restano stretti. Ma non tanto da impedire che la scelta possa essere fatta, entro i primi di novembre, secondo i dettami. «Le decisioni sono prese dall’ufficio di presidenza - ricorda puntiglioso La Russa -, dopo aver ascoltato i coordinatori regionali». L’istruttoria per la scelta dei nomi è affidata ai coordinatori che, precisa ancora La Russa, «hanno ascoltato prima il parere di Berlusconi e poi quello di Fini». Il presidente della Camera, raccontano, non sarebbe per nulla d’accordo con la doppia candidatura leghista in Piemonte e Veneto. Senza poi contare lo «sgarbo» fatto a Galan, che non ne vuol sapere di mollare. Ma quando, a fine mattinata, Fini incontra nel suo studio Bossi (accompagnato da Calderoli e Cota), il colloquio assume contorni decisamente istituzionali. Il presidente della Camera ha già fatto trapelare di ritenere l’unità la cosa più importante, in un momento così difficile. Quasi un impegno comune a non creare problemi che mettano a rischio la solidità della maggioranza, e cercando di ritagliare per sé il ruolo impegnativo - ma fruttuoso - di mediatore.
Ecco quindi che la legittimità della richiesta leghista non viene messa in discussione, considerate le aree di maggiore radicamento del Carroccio e la palese necessità dell’alleanza con Bossi. Però, di fronte alla lista leghista, Fini rimarca il rispetto delle regole statutarie, e dunque la necessità di un accordo a tre, senza doppi giochi o fraintendimenti, tra Berlusconi, Bossi e se medesimo. Più una richiesta di forma che di sostanza, insomma, che rende arduo immaginare una resistenza di Galan oltre misura.
Il governatore veneto, raggiunto dalle prime notizie sull’affermazione di Bossi, mantiene però la linea del Piave. «Se ne son dette tante, non sono notizie che mi rovinano la giornata», fa sapere. E insiste sui risultati: «Come è stato governato il Veneto è sotto gli occhi di tutti, qualcuno mi deve spiegare perché il governo migliore d’Italia dovrebbe cambiare... Non c’è risposta, perché non c’è motivo». A chi lo punzecchia sul ministro Zaia (possibile candidato leghista alla Regione), risponde piccato: «Lui si prepara? Anch’io, da 15 anni». E davanti al viceministro per la Salute, Ferruccio Fazio, smentisce infine anche le voci su un eventuale contraccambio ministeriale: «Tranquillo - gli fa -, non voglio diventare ministro della Salute, è meglio che tu rimanga là e io qua».


Il Veneto varrà ben una messa, e per ora Galan sembra intenzionato a giocarsela tutta facendo patti persino con il Pd. Cosa che imbarazza non poco il candidato leader Bersani: «Non vogliamo fare la stampella di nessuno», dice. Ma l’altro giorno aveva pure aggiunto, sospirando: «E, in ogni caso, non lo diremmo mica ora...».

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