Bossi, messaggio al premier: «Sulle tasse il Nord s’è rotto»

«Si potrebbe anche evitare di fumare per aggirare la tassa sul tabacco»

nostro inviato ad Alzano Lombardo (Bg)

«Ci stanno dando un mondo alla rovescia, creando le famiglie degli omosessuali; e con i sindacati che anziché preoccuparsi dei lavoratori adesso vogliono fare i finanzieri. Ma ora hanno paura, una grande paura che magari la Lega vada alle elezioni da sola e vinca, mamma mia, mamma mia che paura, e magari con Bossi presidente del Consiglio. E invece la verità è che c'è un solo partito in fuga: è verde, è la Lega. Perché caro Prodi, la gente si è rotta i coglioni, si è stancata di pagare e vuole vedere tornare indietro i suoi soldi che ha guadagnato con il lavoro e non con la droga».
Umberto Bossi, il vecchio leone, ruggisce ancora, ruggisce anche a tarda sera, qui ad Alzano Lombardo, Val Seriana, coriaceo baluardo del movimento, dove lo attendono scommettendo sul peso di una forma di grana. Ovviamente padano. In cielo la mongolfiera bianca in foggia di dirigibile dondola mossa dalla brezza, portando in alto una sola parola, scritta a caratteri cubitali: «Libertà». Quella fiscale anzitutto, urlata qui da tutti i muri e i guard rail dove rimbalzano, sempre aggiornate, le parole d'ordine del capo. Mancano riferimenti ai fucili, per fortuna, ma è una grandinata di «Basta Roma», «Orgoglio orobico» e «I soldi delle tasse restino in Lombardia».
E mentre il tecnico del suono anziché il solito «Uno, due tre, prova microfono», scandisce «Padania Libera», la gente si mette in fila per firmare. Tante firme: una per sostenere l'iniziativa di rivolta fiscale; una per prenotare il pullman che li porterà domenica 16 «tutti a Venezia», 10 euro andata e ritorno in giornata; un'altra firma per prenotare la trippa in umido. Ma ovviamente è soprattutto per lui, per l'Umberto, per il Senatùr, insomma per il Bossi, che i bravi valligiani si sono radunati qui, sotto il tendone del Bèrghem Fest. E Bossi finalmente arriva, anche se in ritardo, annunciato da una nuvola densa di sigaro toscano. Dopo il «Va’ pensiero» di rito, con la mano sul cuore, il Senatùr decide di salire in cattedra, di parlare di storia. Se la prende con i Savoia «che hanno rovinato anche il Sud»; ne ha anche e ovviamente per «quel pistola di Garibaldi che sembrava un uomo del popolo e invece trascinava i giovani a morire solo per la grandeur savoiarda. E noi dietro, come stupidi». E grida che «stavamo meglio quando c'erano gli austriaci, che avevano capito la grande forza di questi popoli creando il Lombardo Veneto. E noi siamo andati a fargli la guerra».
Ma il nemico è sempre lo stesso, antico e attuale. Ovvero «Roma, che da sempre dove arrivava con le sue legioni portava schiavitù». E la prima schiavitù è appunto quella fiscale. Il Senatùr allora attacca: «Si stava preparando a Roma un partito dei poteri forti che aveva in programma la diminuzione delle tasse, ma io ho tagliato loro la strada e li ho anticipati. Ho fatto sentire cosa vuole davvero il popolo». E ancora: «A Roma pensano che la gente si spaventi, non hanno capito chi sono i lombardi, chi sono i veneti: si ricordino che anche i Santi si arrabbiano... A Roma parlano male di me, ma più parlano male più io cresco, più cresce la Lega: stiamo raddoppiando i voti di settimana in settimana».
E mentre il capo spazia anche sui temi della legge elettorale («Meglio rifarla che andare al referendum. Berlusconi? Basta che non smentisca davanti a me le promesse che mi ha fatto») e dà il suo appoggio alla Chiesa («Io non ce l’ho con il Papa, anche la Chiesa deve pur vivere»), tra i tavoli l’attenzione resta sui volantini che fanno tanto infuriare. Sono dati, cifre che fanno male. Come i trasferimenti pro-capite dallo Stato ai Comuni: a ogni napoletano vanno 589,9 euro mentre a Roma ne arrivano 382,5. E a Bergamo? «Ostia, appena 210», leggono i valligiani mandando di traverso la forchettata di trippa.

La digestione ha un'altra battuta d'arresto verificando la progressione per tasse locali pro capite in provincia: 361 euro nel 2005, diventati 382 nel 2006 e stimati in 418 per il 2007. Bossi, dal palco, ruggisce di nuovo: «Vogliamo arrivare ad un parlamento padano e a uno stato padano. Non ci fermeremo: Padania libera, Milano capitale, Prodi a casa!». Ciumbia!

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