Prima regola deontologica del bravo giornalista: sul calzino non si indaga. La privacy comincia sotto il risvolto dei pantaloni, o giù di lì, anche se il confine tra diritto di cronaca e volgarità dipende molto dalle angolazioni, e soprattutto dal proprietario del pedalino. Il (dis)Ordine dei giornalisti lo ha spiegato ieri, condannando Claudio Brachino, direttore di Videonews, alla sospensione per due mesi dallalbo professionale per via del famoso servizio di Mattino 5 su Raimondo Mesiano, il giudice che qualche giorno prima aveva emesso una sentenza di risarcimento di 750 milioni a carico di Fininvest. Lintrusione delle telecamere di Mediaset nella vita privata del magistrato è stata giudicata inopportuna e lesiva dal consiglio dellOrdine dei giornalisti della Lombardia, che ha ascoltato Brachino allinizio di marzo. Violati, secondo i giornalisti giudicanti, larticolo 2 della legge professionale («la tutela della personalità altrui») e larticolo 6 del codice deontologico («La sfera privata delle persone note o che esercitano funzioni pubbliche deve essere rispettata se le notizie o i dati non hanno alcun rilievo sul loro ruolo o sulla loro vita pubblica»). «Grazie allaccostamento con immagini non essenziali e prive in sé di interesse pubblico in quanto notizia - ha sentenziato a maggioranza il Consiglio dei giornalisti - il servizio ha prodotto un effetto diffamatorio nel suo insinuare presunte stravaganze e stranezze del personaggio, fino a sfiorare il vero e proprio dileggio».
Sentenza opinabile e discutibile, come sempre, e infatti è già stato annunciato ricorso. Mediaset parla di «un provvedimento iniquo che costituisce un precedente pericoloso per la libertà di informazione ed il diritto di critica», mentre Brachino solleva il sospetto di un trattamento diseguale, politicamente orientato: «Farò immediato ricorso contro un provvedimento che giudico profondamente ingiusto. Non posso non pensare che si tratti di una condanna simbolica e tutta politica da parte dellorganismo che dovrebbe tutelare, al netto di ogni calcolo di convenienza ed opportunità, la libertà della categoria». La presidenza dellOdg lombardo, guidato da Letizia Gonzales, non sembra in effetti tacciabile di simpatie centrodestrorse. La presidente (lo scoprì Renato Farina) fu tra i firmatari del manifesto, nel 72, contro il commissario Luigi Calabresi. Solo un dettaglio archivistico, certo, ma tantè. Tornando alloggi, la condanna di Brachino per un servizio che ritraeva un personaggio pubblico indaffarato in banalissime attività quotidiane (fumare una sigaretta, farsi radere dal barbiere, ecc.) getta una luce diversa su analoghe intrusioni della cronaca nella vita altrui, e darà da lavorare agli studiosi di diritto dellinformazione per definire i limiti del decoro investigativo. Per esempio: le foto scattate dal paparazzo sardo Antonello Zappadu a Villa Certosa, molto dettagliate sui particolari anatomici delle signorine presenti in villa e anche sugli ammennicoli del premier ceco Mirek Topolanek, completamente nudo nel giardino della residenza del Cavaliere, non hanno destato il minimo turbamento nellOrdine dei giornalisti quanto a violazione della privacy altrui. Perchè? La parola ai giurati. Eppure anche in quel caso la divulgazione della notizia (pubblicata dai grandi quotidiani) non sembrerebbe, come prescrive larticolo 2 del codice deontologico in base al quale è stato sospeso il direttore di Videonews, «indispensabile in ragione delloriginalità del fatto (il premier cieco in versione nude-look?, ndr) o della relativa descrizione dei modi particolari in cui è avvenuto (la concomitante presenza di belle ragazze nel parco?, ndr), nè della qualificazione dei protagonisti (forse basta la carica di premier perchè il privato sia di pubblico interesse?, ndr)».
Le stesse domande si potrebbero sollevare per il servizio pubblicato su Oggi, sempre da Villa Certosa, con Silvio Berlusconi in compagnia di cinque giovani ospiti.
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