Alla Braidense in mostra l’antica arte della rilegatura

Inestimabili e fiabeschi sono i volumi rari, rivestiti di preziose copertine; libri così belli che non ci sarebbe quasi bisogno di leggerli. «L’arte della legatura» è il titolo della mostra a cura di Guido Mura e Franca Alloatti, alla Biblioteca Braidense di via Brera 28 (ingresso libero) fino al 20 marzo. Arabeschi in foglia d’oro di origine islamica, stemmi araldici, fantasie labirintiche, figure grottesche, adornano come in un ricamo i 140 volumi esposti. Contenuti seri racchiusi in «scrigni» bizzarri e misteriosi, lavorati a mano e decorati in pelle, argento, oro, perle e intarsi preziosi, per la prima volta sfilati dagli scaffali della Braidense e presentati al pubblico, dopo un censimento iniziato nel 2002 e inaugurato lo stesso anno con una mostra dedicata alle copertine rinascimentali. Il bibliofilo Federico Macchia ha setacciato migliaia di titoli: un lavoro che ha permesso di individuare fino a oggi oltre 1500 volumi di pregio. Un lavoro da certosino, in quanto i curatori hanno dovuto partire da zero per risalire alle fonti, stabilirne provenienza, significato, nonchè individuare la mano dell’artista e del rilegatore. Incisioni uniche lasciate dagli attrezzi del mestiere di maestri che passavano velocemente da una bottega all’altra, da un convento a un altro e spesso venduti quando l’artigiano era ormai trapassato. Ma al di là di certi dubbi sulle firme, rimane intatto il gusto per delle vere e proprie opere d’arte, in uso nelle corti europee piuttosto che di provenienza islamica, che racchiudevano significati misteriosi. Tra le numerose proposte, particolarmente interessanti risultano i volumi di origine lombarda. Un esempio per tutti, che riconduce a Gabriel Giolito de’ Ferrari, celebre tipografo che nel 1555, in una sua edizione, definì per primo «Divina» la Commedia di Dante Alighieri.

Ne Le vite dei dodeci Visconti principi di Milano del 1558, il de’ Ferrari ha decorato la copertina a cassettoni, esattamente come fosse un mobile scolpito da un ebanista, per significare il potere della casata e la segretezza dei testi. Insomma, un patrimonio d’arte sconosciuto ai più, oggi a disposizione del grande pubblico, in attesa di ritrovare la via degli storici scaffali.

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