Breganze, un territorio da scoprire

S econda puntata del nostro viaggio nella doc Breganze in Veneto, che abbiamo avuto modo di scoprire recentemente. Dopo avere dedicato la scorsa settimana la nostra rubrica al Torcolato, il passito che ne è l'orgoglio enologico, ci dedichiamo oggi agli altri vini, diversi e talora interessanti.

Interessante è ad esempio il vino Vespaiolo, tratto dalle quasi omonime uve di Vespaiola, un antico vitigno autoctono così dolce da essere sovente attaccato dalle vespe. Un vino che ha nell'acidità la sua caratteristica, talmente spiccata da costringere talora i produttori a fare la fermentazione malolattica. Tra le etichette notevoli, quella di Col Dovigo, elegante e tropicale; il 16.9 prodotto da Miotti Firmino (proprio così: cognome-e-nome. Ma se conosceste il patriarca dell'azienda, che abbiamo visto seduto vicino al camino, bastone alla mano, contrappuntare le parole della figlia, capireste che proviene da un piccolo mondo antico), che ricorda una mela appena sbucciata; e la versione spumantizzata della cooperativa Beato Bartolomeo da Breganze, un metodo classico non privo di skill.

Nel territorio di Breganze però hanno trovato casa anche molti vitigni bordolesi che qui si comportano assai bene. Il campione è il Crosara di Maculan, azienda bandiera del territorio, che ha esibito in una verticale dal 2004 al 2013 una sorprendente capacità di evolvere.

Altri vini da ricordare quelli di Contrà Soarda, l'azienda del pittoresco Mirco Gottardi, che propongono le etichette più innovative della doc Breganze: il Vignasilan, una Vespaiola in purezza che affina per un anno in acciaio; il 121 b.C.

, un'altra Vespaiola assai estrema, quasi scostante ma non priva di fascino. E forse il miglior assaggio di tutti, il Pinot Nero Vignacorejo, che fa 36 mesi di tonneaux di rovere francese e ne esce nervoso e cerebrale. Da grandi tavole.

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