Brillano i tesori di palazzo Massimo

Laura Gigliotti

Nuovi allestimenti e altre opere, «il Pugilatore», «il Principe ellenistico», il «Fregio della Basilica Aemilia», in alcune sale del pianterreno di Palazzo Massimo alle Terme, l’ex Collegio dei Gesuiti, realizzato in forme rinascimentali dall’architetto Camillo Pistrucci che occupa l’area dove nel Cinquecento sorgeva la villa Peretti Montalto di Sisto V, smembrata per la costruzione della stazione Termini.
Dopo l’inaugurazione del museo nel ’98 che conserva capolavori come l’«Ara di Ostia», la «Fanciulla di Anzio», l’«Afrodite accovacciata», il «Discobolo Lancellotti», l’«Ermafrodito dormiente», i resti della decorazione delle navi di Nemi e i grandi affreschi della Villa di Livia, c’era bisogno di completare alcune sale espositive, presentando le opere secondo criteri più moderni. È migliorata l’illuminazione, sono state riaperte le finestre coperte da tende ed è stata adottata una nuova grafica. Più breve il pannello introduttivo e più articolata la didascalia bilingue accanto ad ogni opera. Nelle gallerie le basi metalliche colorate in rosso esaltano i ritratti romani di epoca repubblicana e i ritratti greci di età romana. Un modello comunicativo che via via dovrebbe essere esteso a tutto il museo.
Fra le novità, al primo piano, l’«Hermes Propylaios», un’erma in marmo pentelico, sequestrata dalla Guardia di Finanza nel territorio di Anguillara. Frutto di scavi clandestini, è una copia romana di originale greco della metà del II sec. d.C., «La rarità sta nel fatto che il pilastro è originale e presenta ancora le due alette laterali che consentivano l’incasso ad altri elementi per formare una balaustra», osserva la direttrice del museo Rita Paris. Ma le novità più spettacolari sono a pianterreno. Spicca fra i ritratti quello di Alessandro Magno in bronzo dorato a foglia. Datata II sec. d.C., l’opera che faceva parte del Museo Kirkeriano non è mai stata esposta, a parte la mostra su Alessandro alla Fondazione Memmo di qualche anno fa. Ora è conservata in un’apposita teca che contiene dei sali per equilibrare il clima, ed è monitorata da un terminale come tutte le opere delicate del museo. Novità assoluta è anche il fregio della Basilica Aemilia che si trovava presso la sede della Soprintendenza a S. Maria Nova. Nella sala a vetri del piano terreno prende il posto del Fregio pittorico dell’Esquilino, spostato al secondo piano in un luogo più adatto per la conservazione delle pitture. Il fregio in marmo pentelico con episodi delle origini di Roma decorava la Basilica Aemilia nel Foro Romano distrutta nel V sec. d.C. dai Goti, ricostruita e caduta in rovina, tanto che la zona venne chiamata «zecca vecchia» e serviva da cava di pietre. Si ipotizza che il fregio, databile dal 1 sec. a.C. al 1 sec. d.C., che racconta episodi leggendari delle origini di Roma, misurasse 184 metri.
Ma sono i due grandi bronzi, tra i più belli dell'antichità, il Pugilatore del I sec. a.C. e il cosiddetto Principe ellenistico del II a costituire il richiamo maggiore. Ritrovati insieme nel 1885 nell’area del convento di S. Silvestro dove erano i resti delle Terme di Costantino, sono stati restaurati l’ultima volta prima di essere esposti negli anni ’90 nella Sala Ottagona, il Planetario dalla cupola ad ombrello. Da un paio d’anni sotto controllo per i processi di corrosione dovuti alla presenza di sali di cloro, tornano visibili a Palazzo Massimo dove sono presenti tutte le opere della originaria raccolta del Museo delle Terme. Ai due bronzi, realizzati a cera persa, è stata riservata la sala dove era esposta la Niobe degli Horti Sallustiani, ora nella accanto, là dove erano conservate le terracotte del Palatino. Il Principe ellenistico, che si ricollega all’Alessandro con lancia del greco Lisippo, e nel quale alcuni riconoscono Attalo II di Pergamo, o un personaggio romano, è una delle rare sculture in bronzo di epoca ellenistica del II sec. a.C.
«Il Pugilatore è perfettamente conservato perché nel tardo antico, verso il V secolo, lo hanno seppellito in una grande buca riempita di sabbia finissima», spiega il professor Paul Zanker. «Nel periodo ellenistico, dopo Alessandro, nasce un'arte rivoluzionaria, che esprime, la sofferenza, il pathos, la stanchezza». Il Pugile seduto (era alla mostra di Nike al Colosseo), porta sul corpo i segni delle ferite e sembra aspettare un nuovo combattimento. «Le cinghie sulle mani sono consumate e di colore diverso perché la gente doveva toccarlo come un portafortuna» prosegue.

«Non ho mai provato un’impressione straordinaria simile a quella creata dalla vista di questo magnifico esemplare di un atleta semibarbaro, uscente lentamente dal terreno come si svegliasse da un lungo sonno dopo i suoi valorosi combattimenti», scriveva Rodolfo Lanciani presente al rinvenimento, come mostra una foto d'epoca.
Palazzo Massimo alle Terme, Largo di Villa Peretti 1. Orario: 9.00-10.45, chiuso il lunedì. Info tel.06-39967700.

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