Broker, tramonto di un mito dorato

Era tanto tempo fa, come quel passato remoto che ci insegnavano a scuola ma che noi italiani - toscani esclusi - ci siamo però sempre rifiutati di usare. Era il tempo in cui gli adulti, chinandosi verso i bambini, chiedevano pomposamente: «Che cosa vuoi fare da grande?». Insomma «era»... e proprio per questo ci manca tanto. Così oggi, uno che come il sottoscritto ha primavere sufficienti - anche in eccesso! - per fare parte di una generazione che ha sognato di pilotare aerei, dirigere orchestre, raggiungere il dottor Albert Schweitzer nell’ospedale di Lambaréné, oppure spegnere incendi, quella in arrivo da Londra è una notizia che sa di buono. Come il «nostro» pane, burro e zucchero. E che profuma anche meglio. Come il «nostro» borotalco Roberts.
Scoprire infatti che all’alba del 2009, almeno agli occhi dei giovani britannici, le strapagate quanto algide e ciniche professioni della City, quelle legate a una finanza di carta diventata via via sempre più straccia - per non srotolare altro e meno nobile genere di papier - stanno perdendo fascino e capacità d’attrazione, equivale a una sorsata di speranza. Per non dire di quella sana boccata di aria fresca che arriva dalla lettura delle motivazioni addotte dagli albionici neolaureati.
Pare ad esempio che in questa inedita e disagevole stagione di crisi, siano in fondo ritornati a piacere stipendi più bassi, ma sicuri. Questo, almeno, sembra suggerire ai ventenni l’insostenibile incertezza del future. Inteso ovviamente nel suo duplice senso: quello dell’insondabile tempo che verrà, così come di quel deprecabile genere di titolo cartaceo cavalcato troppo a lungo da certi dannosissimi fighetti in grisaglia. Che dopo essersi eccitati con quella roba per uso personale, hanno pensato male di spacciarla anche sul mercato, alimentando in tanti - in troppi - sogni e illusioni di facile arricchimento. In realtà, era roba più simile a un «Gratta e vinci» che a una forma di investimento. Cartaccia in grado di cancellare il proverbiale buon senso dei morigerati e cauti padri di famiglia, per precipitarli invece nella dipendenza dal rischio.
Pare addirittura che una percentuale crescente di giovani britannici si stia ora orientando verso carriere grigie, anodine e perfino malpagate, come quelle che può offrire il settore pubblico - roba da 20mila sterline annue - piuttosto che quelle da centinaia di migliaia esclusi i benefit degli emuli di Gordon Gekko, lo «squalo» della finanza interpretato da Michael Douglas nel film Wall Street. Sì, Gekko il Grande, quello che spegnendo un sigaro havana da 300 dollari sogghignava: «Avidità!? Che cosa c’è di male... dopotutto è soltanto una questione di soldi».
E non c’è nemmeno bisogno di dover scomodare una ritrovata e collettiva coscienza morale, che comunque nelle giovani generazioni sta riemergendo - e vivaddio! - se non altro grazie alla banale ma inoppugnabile constatazione che il cinismo di pochi ci ha fatti diventare tutti più poveri. Per ravvedersi, è bastato cioè ritornare a un esercizio antico: quello di saper aprire gli occhi.
Con il risultato che anziché voler diventare finanzieri dagli abiti griffati, con il loft a Chelsea, la fidanzata top model e l’Aston Martin cabrio in garage - i miti superficiali e oggi polverosi dei loro fratelli maggiori - i ragazzi inglesi sembrano riscoprire la saggezza dell’accontentarsi. Più dell’esclusivo personal banker, insomma, è senz’altro meglio il generico mass teacher, l’insegnante di scuola pubblica.


Vuoi perché di questi tempi il personal banker è ad alto rischio licenziamento, vuoi perché jeans e maglioni sono più comodi dei completi firmati, vuoi perché anche solo riscaldare un loft a Chelsea costa ben più che mantenere un’amante, vuoi perché la Aston Martin consuma più ancora del loft. Vuoi soprattutto perché la fidanzata top model, senz’altro gnocca ma irrimediabilmente oca, costa da sola più del loft e dell’Aston Martin messi insieme.

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