Brown piange in tv per la figlia ma al lavoro urla e tira calci

Racconta di aver visto morire la primogenita Jennifer fra le sue braccia. Di aver sperato fino alla fine che una macchina potesse salvarle la vita e di essere passato, in appena dieci giorni, dalla gioia più intensa che la vita può regalare a un padre al dolore più straziante. È un marito innamorato della moglie Sarah, un papà colpito da una tragedia umana, un uomo che fa i conti ogni giorno con un vuoto incolmabile il Gordon Brown che domani sera si racconta - e si commuove - in un’insolita intervista introspettiva sugli schermi di Itv. Il primo ministro burbero e iracondo, come lo conoscono meglio gli inglesi e lo descrivono spesso i suoi collaboratori, sceglie per una volta di mettere da parte i temi economici, la crisi dei mercati finanziari, e il suo stile freddo e abbottonato per aprirsi agli inglesi e tentare di recuperare sul terreno umano quello che in questi due anni e mezzo a Downing Street ha fatto perdere al partito laburista sul piano politico e della comunicazione elettorale. Ma non è detto che le lacrime salveranno Brown dagli inglesi, chiamati a votare tra due, al massimo tre mesi.
Un po’ dottor Jekyll, un po’ mister Hyde, il primo ministro rischia di rimanere vittima dell’operazione «cuore aperto», che lo ha spinto inaspettatamente a definire «importante» che «la gente sappia chi sei e che possa fare qualsiasi domanda su di te». Proprio mentre il primo ministro racconta il dramma della piccola Jennifer, nata 7 settimane prima del termine e morta per un’emorragia cerebrale appena dieci giorni dopo la nascita - «oggi avrebbe 9 anni, pensi sempre ai primi passi, alle prime parole, alla prima volta che sarebbe andata a scuola» -, proprio mentre Brown si apre e racconta anche della scoperta della malattia di Fraser, il terzo figlio, 4 anni, che potrebbe non avere molto tempo davanti a sé a causa di una fibrosi cistica, il capo del governo è vittima del fuoco di fila dei suoi collaboratori, che offrono di lui un ritratto impietoso. Irascibile, mentalmente instabile, ossessionato dalla copertura mediatica su di lui e il suo governo. Brown non è solo il padre che piange per Jennifer, l’uomo che racconta di non aver mai più potuto guidare un’auto dopo aver perso la vista da un occhio durante una partita di rugby. A fare a pezzi l’immagine del premier ha pensato Lance Prince, ex consigliere del governo, guru delle pubbliche relazioni di Downing Street al tempo di Tony Blair. È lui a raccontare in un libro in uscita - «Dove sta il potere. Primi ministri contro i media» - il «regno del terrore» messo in piedi da Brown, un premier «che urla contro lo staff, getta a terra pile di documenti, prende a calci i mobili», un capo di governo «emotivamente e psicologicamente incapace di esercitare qualsiasi leadership», un uomo «patetico», che si «autocommisera» quando le cose vanno male e per il quale dire che soffra di «tare mentali» - come aveva fatto il capo delle public relations del governo, Alistair Campbell - è «un eufemismo».
Insomma, l’intervista del premier rischia di rivelarsi un boomerang anche perché i maligni sospettano che la confessione di Brown sia l’ennesimo tentativo di rincorsa sulle orme del rivale, David Cameron.

Il leader Conservatore l’anno scorso ha perso il figlio Ivan, che soffriva di epilessia e paralisi cerebrale, e ha commosso gli inglesi con la sua tragedia personale. Brown racconta la sua tragedia nove anni dopo, ma a due mesi dal voto. Proprio lui che aveva accusato l’avversario di «usare la famiglia come uno spot».

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