Da Bruxelles uno scottante dossier: documenti riservatissimi sono stati consegnati alla stampa e a due dirigenti Eurostat, poi finiti sotto processo per truffa Talpe all’antifrode Ue, indagine su Bruti Liberati L’Olaf apre un’inchiesta interna sul prec

L’ex presidente dell’Anm accusato di non aver fatto chiarezza sulla divulgazione di carte top secret

Alessandro M. Caprettini

da Roma

L’annuncio, a prima vista, è di quelli da relegare nelle notifiche burocratiche che le mezze maniche di Bruxelles accatastano solitamente una sopra l’altra: «l’apertura, dopo consultazione con il nuovo comitato di vigilanza dell’Olaf», di una «indagine interna» per capire come si sia potuta consentire e forse favorire «la diffusione di documenti riservati» dell’organismo comunitario antifrode, l’Olaf appunto. Solo che dietro le poche, anonime righe vergate nel palazzone di 14 piani di Rue Joseph II, nel cuore delle sedi comunitarie della capitale belga, c’è una autentica bomba.
Ad essere indagato per la possibile fuga di documenti top secret è infatti il precedente comitato di vigilanza - organismo creato nel ’99, dopo le dimissioni della commissione Santer, per verificare la regolarità delle indagini dell’ufficio antifrodi - a cominciare dal suo presidente. E cioè il Procuratore aggiunto di Milano Edmondo Bruti Liberati, già presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati.
La vicenda prende il via alla fine dello scorso febbraio quando, presentatasi davanti alla commissione bilancio dell’Europarlamento (Cocobu), la nuova presidente del Comitato, l’inglese Rosalind Wright, dopo assicurato la sua volontà di essere «un critico amico» dell’Olaf, tiene a far presente come in primo luogo metterà fine ad «un reale problema che si è verificato nel più recente passato». E cioè «la fuga di documenti confidenziali detenuti dal comitato di vigilanza e dal suo segretariato che sono finiti nelle mani di persone non autorizzate. Nello specifico, di alcuni giornalisti e addirittura di personaggi in contenzioso legale con la commissione». «Un motivo di estrema preoccupazione - rincara - durante questi ultimi anni».
Il linguaggio è felpato, come d’altronde si usa nelle aule dell’Europarlamento, ma non sono in pochi a captarne il significato molto più che aspro. Una vera e propria censura, condita dall’annuncio che si farà di tutto per indagare su quelle fughe, sull’operato del Comitato retto dall’agosto del 2002 al novembre del 2005 da Bruti Liberati e composto, oltre che dal presidente dall’Anm, anche dal suo predecessore Raymond Kendall, da un ex-sottosegretario tedesco, una docente della Sorbona ed un giurista portoghese.
Chi ha fornito materiale top secret all’esterno? Chi ha consegnato documenti riservati ad alcuni giornalisti? Chi si è spinto a diffondere clandestinamente un parere, a quanto pare negativo, sul vertice dell’Olaf il cui direttore generale - l’ex-magistrato bavarese Franz Hermann Bruner - proprio in quei tempi vedeva in bilico la sua riconferma? E chi ha fatto pervenire carte riservate sull’Olaf ai due dirigenti comunitari di Eurostat finiti sotto processo per aver razziato un milione di euro affidando a società amiche il controllo dei conti dei 25? L’indagine, s’è detto all’inizio, ha preso forma ufficialmente solo la scorsa settimana. Ma è da tempo che su queste vicende si discute e si litiga nei palazzi comunitari. Un giornalista tedesco di Stern è da tempo sotto processo a Bruxelles per avere pubblicato notizie riservatissime sulle operazioni dell’Olaf. Richieste di chiarimento si rincorrevano ormai da mesi. Ma stavolta la Wright ha annunciato che si farà sul serio. Mentre proprio il direttore generale dell’Olaf Bruner, confermato nel frattempo nell’incarico, ha spedito qualche tempo fa un lungo e dettagliato dossier sulla vicenda, tanto al nuovo capo della Commissione di Vigilanza, che al presidente dell’Europarlamento Borrell, ad uno dei vice di Barroso, l’estone Siim Kallas e al presidente della Cocobu, l’ungherese Fazakas.
Cosa si dice nel dossier? Che in molteplici occasioni fu chiesto a Bruti Liberati di indagare e riferire sulle fughe di notizie, ma che l’allora presidente del comitato di vigilanza si guardò bene dal corrispondere agli inviti. Ci sono le citazioni di tutte le missive spedite al magistrato italiano - con relativi allegati - e le repliche di questi. In una lettera dell’8 aprile 2005, dopo varie insistenze dell’Olaf, Bruti Liberati asseriva di aver aperto «verifiche preliminari» su quello che si limitava a definire «un incidente». Poco dopo, l’11 aprile, dopo nuove esortazioni, sosteneva che 3 documenti riservati finiti in pasto al pubblico «non erano stati distribuiti ad alcuno al di fuori del Comitato di Vigilanza». Ancora, il 28 giugno Bruti Liberati spedì le risultanze delle sue indagini solo alla commissione e non all’Olaf. Mentre il 28 luglio - scrive ancora Bruner nel suo dossier - il magistrato italiano spedì il suo parere confidenziale sul vertice dell’Olaf (allora fortemente in discussione) che puntualmente, qualche tempo dopo, apparve sulla stampa di Bruxelles e in siti Internet. Il 7 settembre, continua il Dg di Olaf, scrissi ancora una volta a Bruti Liberati chiedendogli di chiarire come mai proseguiva la fuga di notizie e «non essendo soddisfatto della sua risposta» tornai alla carica il 27 di ottobre. «La sua risposta, datata 14 novembre, mostrava quanto poco mi prendeva in considerazione».
E non è ancora tutto. Bruner rileva che a settembre del 2005 un ufficiale giudiziario francese fece richiesta di un «report» riservato sulla vicenda Eurostat su cui un tribunale parigino doveva decidere. Ma che Bruti Liberati, dopo varie insistenze, consegnò solo 6 paginette della indagine, sostenendo di non potere far di più per non poter concedere la sottomissione del Comitato di Vigilanza alla corte francese.

Di qui - a fine dossier - l’annuncio del direttore generale dell’Olaf di dovere aprire «inevitabilmente una inchiesta». Cosa che si è concretizzata qualche giorno or sono. E che di fatto punta al ruolo giocato da Bruti Liberati durante il suo mandato triennale, tra l’altro, lautamente retribuito.

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