nostro inviato a Bari
Per ora un miracolo la nazionale lha già fatto: rimettere in funzione i tabelloni luminosi dello stadio san Nicola. E ieri, mentre lItalia si allenava sotto una pioggia molto british e gli ottomila tifosi baresi non si risparmiavano nei cori contro i Matarrese, sui due schermi scorrevano le immagini della vittoria ai mondiali di Germania.
Scelta obbligatoria e obbligata. Non bastasse tutto il can can sollevato in questa settimana intorno a Donadoni, è poi arrivato la vittoria della Scozia a rimettere in circolo scorie delle tensioni mondiali. E che non fossero solo sensazioni e trascrizioni di mugugni, arrivano le parole di Gigi Buffon a spazzare le interpretazioni. «Ragazzi, qui sembra di stare alla vigilia della partita con la Repubblica ceca». Dentro o fuori fu quel giorno, dopo la vittoria iniziale con il Ghana e il pareggio strozzato con gli Stati Uniti. E allora, ecco il numero uno azzurro evocare gli spiriti benigni di quel pomeriggio di Amburgo: la capocciata di Materazzi, la corsa spiritata di Inzaghi, i guanti di Buffon a neutralizzare anche i moscerini, la rabbia di Nedved che prendeva a pugni lerba tedesca.
Ci sarà il portiere della Juventus questa sera. La gastroenterite è finita in un angolo, ieri si è allenato con una cuffia in testa, era il più coperto di tutti. Sullo schermo Trezeguet incocciava la traversa, sul campo un rigore di Materazzi lo mandava dalla parte opposta del pallone. Dettagli. Gigi del passato vuole ritrovare lentusiasmo: «Non ci manca, ma servono le vittorie per coltivarlo. E noi siamo una grande squadra, non dobbiamo mai dimenticarcelo».
Una settimana in ritiro per una partita che non arrivava mai. Ora ci siamo. «Il risultato della Scozia ci ha complicato la vita, non siamo ancora al dentro o fuori, ma non possiamo nasconderci: questa è più delicata di tutte le altre sfide».
Dice di essere pronto, di temere solo eventuali ricadute notturne. E se accadessero, sarebbe pronto a farsi da parte «per il rispetto che devo ai compagni». Poi piazza una barriera di ventidue uomini davanti a Donadoni. Nessun paragone ambientale, almeno non ancora, con il viaggio mondiale e quel fortino che era diventato Duisburg, ma è impossibile negare che lavvicinamento a Bari poteva e doveva essere più semplice. «Ho visto Donadoni molto convinto. Si porta dentro una serenità che è anche la consapevolezza della nostra forza».
Lo fermano le mamme, lo assalgono i bambini, con la destra firma autografi e con la sinistra stringe mani. Gli azzurri sfilano per salire sul pullman tra silenzi e sorrisi, Camoranesi fa una foto con quattro bimbi e uno di loro si prende paura, Toni tira dritto («porta male parlare prima delle partite»), Del Piero e Pirlo passano con la faccia scura di chi non è convinto delle scelte del ct che li esclude, e Buffon è ancora lì che parla.
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