Bullismo, l’aggressione viaggia on line

È operativo all’ospedale Fatebenefratelli il primo ambulatorio italiano per le vittime del bullismo: al momento tra i suoi pazienti conta 70 adolescenti, rimasti gravemente segnati dagli atti di violenza commessi ai loro danni dai coetanei.
Solo una piccola parte del totale, se si pensa che secondo una ricerca dell’Università cattolica episodi di questo tipo si verificano nel 60% delle scuole della provincia di Milano, contro il 50% della media nazionale. E nel 20-30% dei casi in città questi episodi sono classificabili come cyber-bullismo, cioè aggressioni on-line attraverso Facebook, Youtube o altri strumenti informatici.
A presentare l’ambulatorio del Fatebenefratelli è stato il direttore del centro, Luca Bernardo, nel corso del workshop «Scelgo io!» organizzato dalla onlus Cuore e Parole presieduta da Paola Brodoloni. Tra i partecipanti 500 studenti di medie e superiori, provenienti da nove scuole di Milano e Monza, con cui si è voluto incontrare il presidente di Palazzo Isimbardi, Guido Podestà, che ha raccontato la sua esperienza di genitore di quattro figli.
Anche se l’intervento clou è stato quello di Bernardo, che ha descritto la sua «equipe composta da 14 medici, specializzati nella cura delle ferite fisiche e psicologiche causate dagli episodi di bullismo. Oltre che nel sostegno a 30 adolescenti a rischio per l’abuso d’alcol, che nella maggior parte dei casi hanno iniziato a bere tra gli 11 e i 12 anni, e ad altri 55 che hanno tentato il suicidio, su 475 teenager che ogni anno in Lombardia cercano di togliersi la vita». L’esperto del Fatebenefratelli ha inoltre sottolineato che «un’attenzione particolare deve essere dedicata ai casi di cyber-bullismo, i cui autori tendono ormai a sentirsi come degli “eroi multimediali”.
Se infatti il bullismo comune ha un “palcoscenico” spesso limitato alle mura scolastiche, mettere un filmato su Youtube permette di raggiungere un pubblico di milioni di persone. E anche volendo gli adulti non si rendono conto di quanto accade, perché su Facebook si usa un linguaggio gergale le cui espressioni più violente risultano incomprensibili per chi non è un teenager». Accanto al cyber-bullo, per Bernardo occorre distinguere tra «bullo predatore» e «ragazza bullo». «Il primo - ha spiegato lo specialista - sceglie la preda in base ad alcuni segnali che manda quest’ultima, e non la molla finché non riesce a trovare un’altra vittima. Mentre le ragazze bullo tendono a fare terra bruciata intorno a chi colpiscono, danneggiandone la reputazione di fronte ai compagni e agli stessi professori».
Le vittime di questi episodi devono in ogni caso essere curate. «Se ciò non accade - sottolinea Bernardo - l’adolescente non riuscirà mai a superare quello che è successo e se lo porterà dentro anche una volta diventato adulto. Il nostro percorso di guarigione dura tra tre mesi e due anni ed è basato su colloqui e test, ma anche sulla terapia artistica». Mentre per Antonio Apruzzese, esperto di cyber-bullismo della Polizia postale, «nel 99% dei casi a compiere questi atti non sono veri criminali ma persone normali, che a causa della sensazione di lontananza creata da Internet non si rendono conto del male che fanno agli altri.
Sempre più diffuso tra gli studenti anche l’hackeraggio del registro informatico degli insegnanti e delle e-mail con i testi dei compiti in classe. Ma a destare preoccupazione è soprattutto l’adescamento attraverso le ricariche dei telefonini. Molti adolescenti in questo modo sono “arruolati” dalla malavita che gestisce il traffico delle carte di credito». «A voi ragazzi voglio fare una semplice domanda - è intervenuto invece il presidente Podestà -. Come vi sentite quando siete insultati da qualcuno e non siete riconosciuti per la vostra vera essenza? L’umiliazione ci fa soffrire, per questo la convivenza può essere basata solo sul rispetto reciproco».


Mentre per l'assessore provinciale all'Istruzione, Marina Lazzati, «noi adulti dobbiamo smettere di guardare ai ragazzi soltanto come al nostro futuro, perché gli adolescenti sono l’oggi, e dunque richiedono la nostra disponibilità ad ascoltare i loro problemi, sogni e speranze».

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