Bush chiude il gioco telematico

Filippo Grassia

Alla faccia del tanto criticato regolamento emanato nel nostro Paese, il presidente americano George Bush ha firmato il provvedimento con il quale vieta il gioco on-line negli Stati Uniti. Si chiama «Unlawful Internet Gambling Enforcement Act 2006» la normativa che chiude la porta agli operatori internazionali di betting impedendo ogni tipo di transazione bancaria telematica in entrata e in uscita dai siti di scommesse sportive. In soldoni gli istituti bancari che gestiscono carte di credito non possono più accettare pagamenti destinati al gioco on-line in base a questo atto legislativo che blinda i prodotti nazionali e, in via indiretta, rappresenta una barriera contro il riciclaggio di denaro sporco. Pesantissime le sanzioni contro quei bookmaker che volessero continuare ad operare: si va dalla revoca della licenza all’arresto dei dirigenti, vedi il caso Carruthers. Fra i primi operatori a sospendere immediatamente l’attività figurano PartyGaming e Bwin. A sua volta Sportingbet plc ha subito ceduto le sue attività.
Da Agicos si apprende, inoltre, che la società di gambling on-line World Gaming, con base ad Antigua, è finita sotto regime d'amministrazione in concomitanza con l’approvazione della legge votata dal Congresso contro il gioco internet. Le azioni della società alla Borsa di Londra sono state sospese, e quattro dei suoi top manager, fra cui il direttore finanziario Naismith e il presidente Moran, si sono dimessi. Per il gruppo, il mercato americano rappresentava la maggiore e “incolmabile” fonte di entrata grazie ai due siti Sportsbetting.com e Betonusa.com, ormai inservibili per i clienti americani. È il primo caso di fallimento di una società dopo l’approvazione della legge firmata da Bush. Le banche ovviamente si sono adeguate con comprensibile disagio per quelle che annoverano nella propria clientela compagnie di e-gaming.
Anche in Europa i criteri restrittivi a livello nazionale si vanno estendendo, basta ricordare le normative in vigore nei paesi scandinavi e l’interpretazione rigorosa delle leggi sul gioco da parte delle autorità francesi. Da noi la musica è la stessa. La seconda sezione del Tribunale civile di Roma ha bocciato l’istanza di nove colossi inglesi del betting (Ladbrokes, Betfair, William Hill, Unibet, Bet 365, Party Gaming, Carmen Media, Stan James, Cassava) contro la validità del decreto Aams che ha obbligato i provider a oscurare oltre 600 siti di giochi e scommesse non autorizzati. Il giudice del Tribunale di Roma non solo ha affermato nell’ordinanza la legittimità del decreto, ma ha anche bocciato le istanze dei ricorrenti con una affermazione lapidaria: «La richiesta di disapplicazione del decreto Aams costituisce una pretesa di tutela urgente per far emettere dal giudice italiano un provvedimento determinato a consentire e ad agevolare la commissione di reati secondo l’ordinamento vigente e quindi a farlo concorrere nei reati di gioco d’azzardo aggravato». Più chiaro di così.
In un’interpellanza urgente, il senatore Pedrizzi e il deputato La Russa, entrambi di An, hanno contestato il provvedimento che rivede la rete sul gioco perché la «nuova rete di distribuzione potrebbe favorire quanti, soprattutto dall’estero, hanno operato in palese violazione della normativa nazionale sul gioco».

Immediata la risposta di Antonio Tagliaferri direttore di Aams: «Il provvedimento di fatto confermerà la rete. Al bando possono infatti partecipare tutti gli operatori riconosciuti e quindi molti potrebbero confermare la propria voglia di lavorare in questo settore aggiudicandosi un punto nella propria zona».

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