Bush rivela: "Al Qaida voleva colpire anche Wall Street"

Bush rivela: "Al Qaida voleva colpire anche Wall Street"

George W. Bush non ci sta più. Attaccato per il suo “no” al ritiro dall’Irak, accusato di aver perseguito solo la guerra al terrorismo, sospettato di voler colpire anche l’Iran, il presidente rivela che Al Qaida era pronta a colpire Wall Street e la Library Tower di Chicago, spiega che nel 2005 Ayman Zawahiri, braccio destro di Osama Bin Laden, aveva delegato alla cellula irachena di Abu Musab Zarqawi la pianificazione di nuovi attacchi all’America, lancia una nuova sfida alle ambizioni nucleari di Teheran. Il discorso pronunciato all’Accademia per la Guardia Costiera nel Connecticut suona come una difesa a tutto campo della propria politica, un’orgogliosa rivendicazione dei successi che hanno risparmiato all’America nuovo sangue e nuovo terrore. «Nelle menti dei capi di Al Qaida l’11 settembre era solo un anticipo – avverte Bush -. la calma avuta dopo l’11 settembre potrebbe far credere che il pericolo sia passato, ma l’America resta nell’occhio del ciclone».
Per gli avversari in quel discorso non c’è nulla di nuovo e tutti gli episodi sono già noti. Ma il diavolo, secondo Bush, si nasconde nel dettaglio. Per il presidente solo l’eliminazione di Zarqawi ha impedito la realizzazione di nuovi attacchi all’America e solo rimanendo in Irak sarà possibile contrastare l’attività di Al Qaida. «Bin Laden vuole la vittoria in Irak per trasformarlo in un nuovo covo del terrorismo... per questo vincere è vitale», ricorda il presidente. «Osama – aggiunge – considera la battaglia in Irak una guerra per il destino del mondo.... Al Qaida sa che senza quel successo la sua esistenza sarà minacciata». Poi rivela particolari inediti sui piani di Abu Bakr al Azdi, un operativo di Al Qaida che nel 2003 progettava una replica dell’11 settembre. «I servizi di sicurezza lo considerano responsabile del progetto di attacchi con aerei dirottati contro la Costa Orientale degli Stati Uniti».
La rivendicazione dei successi nella lotta al terrore fa il paio con la determinazione a sventare la sfida nucleare iraniana. Prima del discorso nel Connecticut la Casa Bianca risponde con un secco «niet» alla proposta di concedere a Teheran l’arricchimento di limitate quantità di uranio. Il compromesso, proposto da Mohammed El Baradei, precede di poche ore il nuovo rapporto al Consiglio di Sicurezza in cui lo stesso presidente dell’Aiea segnala il mancato rispetto di tutte le richieste dell’Onu, l’incremento delle attività d’arricchimento dell’uranio e la messa in attività di oltre 1.300 centrifughe. «Non accetteremo alcuna ipotesi di arricchimento e non accetteremo che le 1.300 centrifughe dell’impianto di Natanz continuino a girare», comunicano i portavoce annunciando immediate «consultazioni con i nostri partner sui prossimi passi». Consultazioni, nelle aspettative della Casa Bianca, assai più lusinghiere di quelle del passato. Le promesse di maggiori aperture a Washington annunciate da Nicolas Sarkozy dopo la conquista dell’Eliseo sono infatti confermate dal quasi contemporaneo «no» di Parigi al compromesso avanzato da El Baradei. La consapevolezza di poter contare sulla Francia nel confronto con Teheran consente a Washington di muoversi con maggior spregiudicatezza avviando un confronto che spazia dalla diplomazia alle attività clandestine e al confronto militare diretto. Non a caso la Marina Usa sceglie proprio la giornata della presentazione del nuovo rapporto Aiea al Consiglio di Sicurezza per spingere una flotta di sette navi da combattimento e due portaerei all’interno dello Stretto di Hormuz. La squadra, in navigazione da ieri mattina davanti alle coste iraniane, rappresenta il più massiccio dispiegamento navale nella zona dalla guerra dell’Irak nel 2003.

Negli scorsi giorni, secondo la rete statunitense Abc, il presidente ha anche dato il via libera a un piano segreto della Cia che punta a costringere Teheran a un dietro front sul nucleare disturbandone le transazioni finanziarie internazionali, indebolendone la valuta e organizzando vaste campagne di propaganda.

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