C'erano una volta le fragole con panna a ingolosire (a caro prezzo) gli appassionati di tennis che nelle prime due settimane di luglio affollano l'All England Lawn Tennis and Croquet Club di Wimbledon per il più famoso torneo del mondo. C'erano e ci sono ancora, ma oggi c'è anche il caffè. Italiano. Che viene distribuito agli spettatori intruppati per accedere ai «court», uno dei tanti rituali che rendono Wimbledon una faccenda unica. La gente sfila davanti allo stand Lavazza e si vede offrire un bicchierone di caffè italiano con ghiaccio. E venerdì scorso c'era un motivo in più per bloccare la fila. Andre Agassi, che di Lavazza è testimonial, girovagava catalizzando selfie e autografi.
C'è un'Italia che vince a Wimbledon, che fa molta più strada di Fabio Fognini, che proprio quel venerdì è stato l'ultimo pezzo d'Italia a esser spazzata via dal torneo, per mano di Andy Murray, al terzo turno. È l'Italia del caffè. «Siamo una new tradition. E badate, lo dicono loro», ci dice Marco Lavazza, vicepresidente del gruppo torinese. Che ci racconta di un inizio non facile della collaborazione («sono un torneo difficile, pieno di regole, la quintessenza del tennis. E il primo anno avvertivamo qualche diffidenza nei confronti di noi italiani») e dei valori condivisi che hanno portato questa azienda familiare a scegliere come vetrina internazionale il grande tennis (Lavazza è main sponsor di tutti i quattro tornei del Grand Slam: oltre a Wimbledon, il Roland Garros di Parigi, l'US Open di Flushing Meadows e l'Australian Open di Melbourne). «Ci piace dire che tennis e caffè hanno in comune la potenza, la concentrazione e l'energia. Anche Agassi nel suo libro Open parla spesso del caffè come di un suo alleato. per questo per noi è un testimonial naturale». Ma naturalmente ci sono anche scelte di marketing. «I quattro Paesi nei quali si disputano i tornei sono tra i cinque nostri maggiori mercati. Così nel 2011 abbiamo iniziato a collaborare, dapprima con Wimbledon, poi con gli altri tornei. A noi piace lavorare sul lungo periodo e teniamo talmente tanto a questo progetto che a Wimbledon teniamo aperta la nostra caffetteria tutto l'anno, per i soci del club».
Conta la qualità, ma anche l'italianità. «Per noi - nota Lavazza - l'espresso è una cosa scontata, ma all'estero invece è vista come un'eccellenza italiana. Quindi un lusso. Che a causa del prezzo basso diventa un lusso accessibile». E molto italiana è anche la dimensione familiare dell'azienda, che piace molto all'estero malgrado si parli di una multinazionale.
È anche grazie a iniziative come questa che la cultura dell'espresso si va diffondendo in tutto il mondo. «Già in sei anni - dice Lavazza - abbiamo notato un aumento della curiosità del pubblico, che chiede informazioni sulla provenienza del caffè, sul know how.
C'è una manualità nel preparare il caffè che per noi italiani è normale, ma che altrove va insegnata». Non resta che sperare che nei prossimi anni l'Italia vinca nei tornei del Grand Slam anche sul campo e non solo alla macchina del caffè.
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