Cairo e un giorno da Real «Torino, non ti lascio più»

Domenica la festa con un centinaio di ex allo stadio: «Ma ci vorrebbero Novo e Pianelli, i padri della nostra storia»

Paolo Brusorio

«Un grande onore che mi riempie di orgoglio. E che mi intimorisce». Nel suo ufficio milanese Urbano Cairo sta limando i preparativi per la festa del Centenario. Ha contattato (personalmente e con un invito sulle pagine dei giornali) giocatori e allenatori transitati dal Toro. Da Junior a Denis Law, da Combin a Claudio Sala, da Abedì Pelè a Martin Vazquez: saranno un centinaio gli ex calciatori che domenica sfileranno all’Olimpico. «Ma più di me meriterebbero di festeggiare il Centenario due presidenti che hanno fatto la storia del Torino. Ferruccio Novo e Orfeo Pianelli. Se questa squadra gode di affetto e simpatia in tutta Italia è per per merito del primo che ha creato il Grande Torino. Il secondo invece è l’artefice dello scudetto del ’76 e di quella fantastica squadra».
A chi si è ispirato per la festa di domenica?
«Sono stato a Madrid per incontrare il presidente del Real, Calderon. Mi sono fatto raccontare come hanno celebrato il loro centenario. Abbiamo fatto tutto di fretta, solo in luglio ho riscattato dal fallimento il titolo sportivo e cimeli».
Presidente, qual è il suo primo ricordo granata?
«Gigi Meroni. Da ragazzino giocavo anche io all’ala destra, andavo matto per la sua fantasia. Poi Pulici e tutti quelli della mia prima raccolta delle figurine Panini: Lido Vieri, Poletti, Puia, Moschino... Era un Toro operaio».
Scelga un giocatore del passato per il Torino di Zaccheroni?
«Sarebbe troppo facile dire Valentino Mazzola ma non l’ho mai visto giocare. E allora prendo Pulici. E Junior».
E oggi chi può far crescere il Torino sul campo e fuori: Rosina?
«Beh, Rosina è un simbolo, è uno tosto. Adesso poi che Zaccheroni l’ha liberato da compiti difensivi... Punto su di lui, ma anche su Stellone e Abbiati».
Si è reso conto di aver salvato un simbolo e non solo una squadra di calcio?
«Che fosse un simbolo lo avevo già scoperto dai miei genitori, loro mi hanno trasmesso la passione. Poi giro nei club, vado sui campi di provincia e capisco che ho una responsabilità maggiore rispetto agli altri presidenti».
Perché?
«Il tifoso del Toro è come una fidanzata innamorata di te ma reduce da molte delusioni, teme un altro tradimento. “Presidente non ci deluda anche lei” mi dicono spesso...».
E lei, che intenzioni ha?
«In questo lavoro ci metto anche la passione per i colori granata. Negli anni ’90 potevo comprare il Bologna o il Genoa, ma non mi interessavano. Nel ’99 ero già vicino al Toro, ma allora non potevo permettermelo».
Quindi non fuggirà?
«Farò il presidente del Torino fino a quando i tifosi mi vorranno bene. È questo il limite. Non avrebbe senso rimanere in carica a dispetto loro».
Lo sa che bisogna anche vincere per farsi voler bene?
«Se oggi pensiamo a una salvezza tranquilla, magari viene anche qualcosa in più. Poi dall’anno prossimo, guarderemo più avanti. Intanto il tifoso granata ha ritrovato la dignità, questo è l’aspetto che mi rende orgoglioso».
Ha detto che al tifoso non manca il derby con la Juve: sicuro?
«Ho detto che il derby piace ai tifosi, ma che quest’anno non gli spiace non giocarlo. E per una volta non per colpa nostra. Sa, come una specie di senso di superiorità».
Stadio Olimpico: era nato per il Torino. Le dà fastidio dividerlo con la Juventus?
«Farlo diventare tutto nostro non è una priorità. Quello che importa è renderlo un po’ più capiente».
«Ricostruiremo il Filadelfia»: un proclama che è stato il bacio della morte per tutti i presidenti. Lei se ne è ben guardato dal farlo. Solo superstizione?
«So l’importanza di quello stadio per la storia granata. Ma non posso pensare alla prima squadra, a ricostruire il vivaio e anche all’impianto. Il Comune ha detto che ci penserà, quando sarà pronto porteremo là tutte le squadre. Tornerà ad essere la nostra casa».
Quanto le è costato finora il Torino?
«Dieci milioni di euro di capitale iniziale. Più 12,7 di fideiussioni per acquisto e stipendi dei giocatori».
Si presenta un Abramovich con un tir di milioni: lei che fa, passa la mano?
«Il Toro non lo vendo a nessuno.

Neanche all’Abramovich vero».
Budget illimitato per un regalo da Centenario: chi compra?
«Ma no, è un gioco che non mi va. Per dire, a me piace Totti. Ma so che non si muoverà mai, allora mi arrabbio e cambio discorso».

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