Il calcestruzzo non ha colore

Acqua, ghiaia e cemento. Sono gli ingredienti del calcestruzzo, controllati non di rado dalla grande criminalità organizzata. Tre milioni e mezzo di ettari. È la superficie d’Italia, un po’ superiore a quella di Lazio e Abruzzo messi insieme, edificata o asfaltata fra il 1990 e il 2005. Più 247 per cento. Ecco l’aumento registrato nel numero delle stanze delle abitazioni italiane fra il 1950 e il 2005, mentre la popolazione cresceva del 23 per cento. Quattrocentosettantamila frane in mezzo secolo. È la fotografia del dissesto idrogeologico italiano.
Il tutto è il risultato dovuto anche e soprattutto alle scelte amministrative di sindaci, presidenti di Provincia e assessori che hanno governato e governano porzioni del nostro Paese. Come Walter Veltroni, che da primo cittadino della Capitale si è impegnato a fondo a favore delle ambiziose iniziative edilizie delle famiglie dei grandi costruttori romani come i Caltagirone, i Toti, i Mezzaroma. E come Antonio Bassolino, che nel 1994, da neo eletto sindaco di Napoli, aveva promesso che il recupero ambientale e urbanistico della zona industriale di Bagnoli sarebbe stata completato entro il 2005 e che invece già nel 1997 indusse alle dimissioni Vezio De Lucia, l’assessore che più si era battuto per trasformare l’immensa area dismessa in grande parco pubblico che avrebbe ospitato un centro di ricerca scientigica, un polo turistico-congressuale e la nuova grande «spiaggia dei napoletani».
Queste e molte altre informazioni interessanti si trovano leggendo il recente La colata (521 pagine, edizioni Chiarelettere, 16.60 euro). La tesi del libro è la seguente: come spiegò Guido Piovene nel suo Viaggio in Italia, la speculazione edilizia nasce dal poco amore per quel bene pubblico che è il territorio. Un poco amore che secondo gli autori del volume (i giornalisti Ferruccio Sansa, Andrea Garibaldi, Marco Preve, Giuseppe Salvaggiulo e Andrea Massari) unisce ormai molti imprenditori senza scrupoli e i troppi politici, locali e nazionali, sensibili agli interessi economici cementati dal calcestruzzo. E infatti, ecco i numeri che riguardano l’unica regione rossa del Nord. Due esempi: ogni giorno vengono edificati o asfaltati 8 ettari di Emilia Romagna; la proprietà di una buona parte dei terreni agricoli a sud di Modena, sui quali si progetta una grande espansione urbanistica, sarebbe recentemente passata di mano a prezzi superiori a quelli congrui all’attuale destinazione d’uso. E chi sono i generosi o ben informati acquirenti? Ma naturalmente, dato il luogo, le imprese legate alla Lega delle cooperative.
Insomma, nel ciclo del calcestruzzo (il cosiddetto oro grigio delle mafie) è in molti casi decisivo il ruolo delle grandi organizzazioni criminali, come dimostrano le inchieste giudiziarie che si sono occupate delle cave del Casertano e del Palermitano (una delle quali è anche citata in un «pizzino» di Bernardo Provenzano).
Ma, ovviamente su un piano diverso, ha pesato anche la politica. I governi di centrodestra hanno compiuto scelte dirette a stimolare l’edilizia in quanto volano dell’economia. E nelle iniziative che hanno come denominatore comune l’uso, e in molti casi l’abuso, del territorio si sono buttati a pesce anche molti amministratori locali di sinistra.
Esempi? L’autostrada Mestre-Civitavecchia, la grande opera che piace a tutti i partiti - ovvero anche quelli che governano Emilia Romagna, Toscana, Marche e Umbria -, che dovrebbe attraversare habitat delicati come il Delta del Po e le Valli di Comacchio, l’Appennino romagnolo eccetera.

Nonché «accarezzare» la bellezza di 37 siti archeologici in Umbria, passare fra i laghi di Bolsena e Vico e tagliare la Tuscia da Viterbo a Tarquinia.
E il nuovo aeroporto di Siena, il cui progetto mette d’accordo Comune, Provincia, Camera di commercio, Montepaschi, banche tedesche e francesi, il colosso farmaceutico Novartis, Cgil Toscana eccetera eccetera.

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