Restiamo nell’euro. Col pallone più che con i conti, con il calcio più che con lo spread. La Nazionale ci dà il piacere d’avere quello che Monti cerca di imporci ammazzandoci di tasse. Dobbiamo rimanere in quest’Europa? Allora proviamo a prenderci una coppa. Con Cassano e Balotelli che segnano, finalmente. Giocando male, pure.
Andiamo avanti nell’Europeo alla faccia dei biscotti che c’eravamo immaginati: la Spagna che ci avrebbe fregato di nuovo, perché le dobbiamo dare un sacco di miliardi per salvarla e lei ci avrebbe pure buttato fuori dall’Europeo. Ci siamo immaginati il male peggiore perché ci è già successo e perché probabilmente al posto degli spagnoli avremmo fatto lo stesso. Quattro giorni a pensare al disastro per scoprire che il calcio è meglio di come lo rappresentiamo. Si gioca: si vince, si perde.
Abbiamo vinto noi, stavolta. Un Paese depresso che si riprende per una notte. Esultiamo, alla faccia della Merkel, dell’austerity, dei mercati, degli speculatori, del debito pubblico, di qualunque altra cosa. Il calcio è la scialuppa di salvataggio: vinci con l’Irlanda, Spagna e Croazia non fanno due a due, non pareggiano neanche e tu ti senti felice.Non c’è nulla da ridere, in teoria: ieri è scaduta la prima rata Imu, oggi scopri che sei italiani su dieci non risparmiano più, oggi sai che i prezzi delle case crollano, oggi senti che ci vogliono togliere una settimana in più di ferie. La Nazionale cura la rabbia. Dicono che il pallone riservi molte più delusioni che gioie. Vero. Però una qualificazione risicata, combattuta, sofferta può cambiare la prospettiva: che succede ora? Quarti di finale: Inghilterra o Francia o Ucraina. Bene, si può fare. Poi? Semifinale. Germania? Sia quel che sia, perché quando arrivi lì cambia tutto.
Lo sappiamo, no? È accaduto nel 1982 e nel 2006. Il calcio prende, pure troppo. Poi ogni tanto dà. Ieri ha dato: qualificati e contenti. Non cambia la vita,però l’Europa cattiva e sanguisuga diventa un’altra cosa: un campo dove Balotelli finalmente segna e Cassano non è più quello che offende gli omosessuali, ma quello che fa il gol decisivo. Tra i quindici milioni di italiani che hanno visto la partita ieri sera ci sarà qualche gay: pensate si sia indignato per il gol di Tonino? Maddai. Fratelli d’Italia, tutti.Compresi i ministri del governo che trattano il calcio come i professori fanno con l’ora di educazione fisica:una pratica inferiore. D’altronde il premier Monti ha banalizzato il boato che l’altro giorno accompagnò il gol di Pirlo contro la Croazia. Era in compagnia del presidente francese, Hollande,l’Italia segnò e Monti trattò così il brusio di felicità della sala stampa: «È una partita di calcio ». Sì, è solo uno sport. Nient’altro che sport. Inutile e futile, quella cosa che non serve a niente, se non a distrarti. Vale la pena accontentarsi. Il pallone è un ammortizzatore sociale, è la variabile aleatoria di Bruno de Finetti: quel dettaglio imponderabile che può cambiare il risultato di qualunque cosa. Qui in ballo c’è l’ottimismo, c’è la fiducia, c’è la voglia di riprendersi: tutto quello che nessuna riforma riesce a dare e che paradossalmente il calcio può regalare.
La Spagna sta peggio di noi eppure se chiedete agli spagnoli come se la passano in questi giorni vi dicono che l’unica cosa alla quale tengono davvero è la vittoria dell’Europeo. La Grecia è seduta in riva al fosso, ma subito dopo il risultato elettorale più importante della sua storia s’è messa a pensare alla sfida dei quarti di finale contro la Germania. Non siamo noi i malati. C’è che la crisi ha modificato anche la percezione della leggerezza: quando stavamo bene, il calcio era il dessert alla fine del pranzo.Adesso è lo sfogo:questo è l’Europeo più politico degli ultimi vent’anni. Si mescola tutto, si intreccia tutto: ogni incrocio e ciascuna partita svelano una storia che c’entra con i mercati, con lo spread, con le scelte e i destini di un continente.
Noi ci siamo ancora, in questa competizione che sa di molto altro. Ci siamo all’italiana: giochiamo male e ci salviamo all’ultimo secondo.
Guardando a quello che fanno gli altri, perché noi il nostro dovere non l’abbiamo fatto proprio fino in fondo. Però essere dentro e andare avanti adesso conta più di tutto il resto. Finché non ci buttano fuori o non ci buttiamo fuori da soli siamo in Europa. E la Merkel qui non comanda ancora.twitter: @giudebellis
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