nostro inviato a Firenze
La prima volta nel 1993, poco più che quindicenne, l`ultima nel marzo 2018 a Manchester contro l`Argentina - e un`apparizione a Wembley in panchina contro l`Inghilterra - dopo la delusione del sesto Mondiale mancato e le lacrime di San Siro. Anche allora si preparava una rivoluzione azzurra. Gigi Buffon varca nuovamente i cancelli di Coverciano in un`altra veste, quella di capodelegazione (contratto fino all`Europeo 2024), raccogliendo la pesante eredità di Gigi Riva e Gianluca Vialli. «Uno dei più grandi monumenti della storia azzurra torna a casa, immortale come calciatore, ora può esserlo come dirigente. Spesso pensiamo al prezzo dimenticando il valore... (altra stoccatina a Mancini, ndr)», così il presidente Figc Gravina sul giocatore con più convocazioni (214) e presenze (176) in Nazionale. Insomma, la scelta migliore insieme a quella di Spalletti.
«Nonostante lo frequenti da 30 anni, ogni volta mi sono sentito in un ambiente troppo grande per me - ha detto Buffon ormai ben integrato nel clima melenso che si respira a Coverciano in questi giorni -. Sapevo di meritarmelo, ma ho avuto sempre un timore quasi reverenziale nei confronti di un`entità che per me e per la mia famiglia ha rappresentato qualcosa di unico». Già, la famiglia, quella che deve trasmettere i valori azzurri anche ai ragazzi di oggi magari raccontando il vissuto della Nazionale. «Io sono cresciuto con il mito di Dino Zoff, il portiere riferimento della storia italiana, e Paolo Rossi, mio padre amava il ciclo di Rivera e Riva. Incontrare quest`ultimo a Coverciano era come incontrare un momento della storia». Ma la storia l`ha scritta anche Vialli, in campo e fuori nel ruolo che ora è suo. «Ho un ricordo di lui immenso, ci scambiavamo le maglie, pensare di poter essere da subito al suo pari sarebbe sbagliato e io non sarei all`altezza. Cercherò di essere me stesso, mettendo magari il mio mattoncino».
Il refrain di moda a Coverciano è quello dell`appartenenza. E lui ha accettato con entusiasmo la sfida offertagli dal presidente Gravina anche in nome di questo concetto. «Ho la sensazione che l`Italia abbia trovato l`uomo giusto al momento giusto. E non parlo di me...». così Gigi. L`uomo in questione è ovviamente Spalletti. «In questi giorni ho risentito parlare di emozioni, di valori che sono imprescindibili se si vuole arrivare a un obiettivo minimo. Voglio vedere un'Italia generosa e altruista come quella del 2006 anche se ci sono state squadre azzurre anche più forti di quelle che hanno vinto. Dobbiamo rendere i tifosi di nuovo orgogliosi. E non avverto il rischio di sentirsi in un calcio minore». Di sicuro garantisce sui portieri italiani: «Ce ne sono 5-6 di livello, e Gigio (Donnarumma, ndr) è maturato anche grazie agli sbagli che ha pagato in prima persona».
La decisione di lasciare il calcio giocato qualche mese fa a Cagliari durante i playoff di B col Parma. «Quando hai una condizione ottimale a livello psicofisico e poi ti fai male, capisci che è arrivato il momento. Ma niente gare d`addio, è una cosa iconica ma malinconica...». L`addio potrebbe averlo dato all`azzurro il suo amico Bonucci. Con Spalletti lì in prima fila non si sbilancia: «Sulla Nazionale sono l`ultimo che può parlare, non ho titoli per farlo. Credo che andare a Berlino sia stata una scelta di uno abituato a lottare, non sarà felice ma l`obiettivo è alto e ne vale la pena».
Imbarazzo quando gli chiedono di Mancini: «È stata una scelta inaspettata, alla quale però mi sembra che la federazione ha dato risposte celeri e convincenti».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.