Caldoro: non lasciamo il Polo per finire nella terra di nessuno

Roberto Scafuri

da Roma

Ministro Stefano Caldoro, lei come l’ultimo dei mohicani?
«No, come l’ultimo che uscì dal Raphael la sera delle monetine».
Sente aria di scissione?
«Non me la auguro e non credo».
Eppure al congresso...
«Alt. All’assemblea sessantottina in corso di svolgimento...».
Non ne riconosce la validità?
«Per ora nessuno riconosce validità alle deleghe degli altri. O si mette in piedi un’assemblea legale o non c’è validità giuridica. Questa assemblea rappresenta anche una ferita umana: uno scontro così duro e organizzato da far pensare a una regia che trova sponde politiche all’esterno, per dividerci e indebolirci».
Come se ne esce?
«Qualsiasi forzatura sarebbe una scissione».
De Michelis dice che alle politiche non starete con la Cdl.
«Non sono d’accordo con De Michelis. Trovo legittimo che lui voglia esplorare la possibilità di unità socialista. Io non la vedo e ritengo un errore che per esplorare si vada nella terra di nessuno».
Dunque o di qua o di là.
«Io dico che la nostra identità e autonomia l’abbiamo costruita nella Casa delle libertà...».
Cioè nel centrodestra.
«No, non centrodestra. La Cdl è un’altra cosa, è una coalizione plurale che ha dimostrato di tener fede a tutte le nostre richieste, a cominciare dalla riforma proporzionale. Poi posso anche decidere di esplorare, di rinegoziare, ma non nella terra di nessuno. Trovo che la posizione di Gianni sia una generosa provocazione intellettuale, una legittima aspirazione. Ma il nostro posto è qua...».
Assieme a Bossi, Fini e a una maggioritaria componente cattolica...
«Io faccio di tutto per essere un buon cristiano. E credo che l’etica moderna ponga dei problemi seri anche a chi è laico».
Dunque le fa più paura la compagnia di Pannella?
«Pannella è stato lucidissimo e coerente. Ha rimosso Craxi, perché per lui il socialista è Loris Fortuna. Ha richiamato la revisione del Concordato, la liberalizzazione delle droghe leggere, l’eutanasia: l’elenco di tutte quelle cose che non hanno mai permesso a noi socialisti alcuna operazione con i radicali. Mai. Anni luce ci separano da Pannella. Questa operazione è legittima ma diversa dalla tradizione socialista: sarebbe elitaria e a forte identità radicale. Quella socialista sarebbe quasi nulla».
Dunque non concorda con Formica e la sua richiesta di farina radicale per il lievito socialista.
«Formica in fondo dà ragione ad Amato, che ritiene questa un’operazione residuale e senza futuro. La sfida sarebbe semmai quella di un grande partito democratico...».
Appunto, come Boselli ritiene possibile fare con Prodi.
«Già, in un partito unico assieme a De Mita. Ma come si fa a starci? Boselli ha chiamato noi partito “ogm e surreale”, noi che stiamo con i socialisti Tremonti, Sacconi, Boniver... E loro come si possono sentire nel partito giusto assieme a Bertinotti, Cossutta, Di Pietro, De Mita e Bindi? Autorevoli rappresentanti di storie politiche diverse dalle nostre. E con un programma che mira a cancellare le riforme che abbiamo chiesto e ottenuto: dalla Biagi alle pensioni».
Dunque i socialisti possono restare alleati della destra.
«Nell’anomalo bipolarismo italiano sì. D’altronde l’identità socialista moderna si è fondata quando Craxi, Mitterrand, Blair e da ultimo Schröder hanno rotto con la sinistra radicale e massimalista. Ma, nell’Unione, spazio per i socialisti non c’è».
Ancora addio unità socialista?
«Nel futuro non lo escludo, oggi mi pare difficile».


Non sarà troppo attaccato alla sua poltrona di ministro?
«La scelta mia e della Moroni è quella più difficile. Per chi decide a fare il passaggio di campo oggi sembra che ci siano maggiori possibilità di vittoria. Quelli che vogliono trovare i posti vanno di là».

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