La grandeur bagnata. Il carnevale sulla Senna finisce coi fischi a Macron e Israele

Uno show lunghissimo. Sul palco Bebe Vio. E Mattarella (fradicio) applaude gli azzurri

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E alla fine piovve. È un'estate pazza per i francesi e il loro presidente Emmanuel Macron. Pazza in politica con tutto quel che è successo alle urne solo poche settimane fa, e pazza nello sport perché saranno olimpiadi con migliaia di atleti raffreddati. Altro che Jannik Sinner. Questi campioni sono come corde di violino, tirate per suonare al meglio, non devono allentarsi, stonare, prendere spifferi, figuriamoci pioggia e vento in barca. Quando tocca alla nostra delegazione piove ormai a dirotto, Gimbo Tamberi ci sta a meraviglia nel caos, forse un po' meno mamma Errigo, «che squadra che siamo, che spettacolo», urlano e intanto Gianmarco perde nel fiume verde la fede nuziale. Comunque sia i nostri portabandiera e il resto della delegazione sventolano felici e fradici. Se non altro, nell'umida confusione non avranno fatto caso ai fischi rivolti all'altra delegazione numerosa in barca con loro: quella di Israele. Forse neppure agli applausi ai palestinesi. Fa fresco, è umido, siamo ancora lontani dalla spettacolare accensione del braciere olimpico appeso a una mongolfiera, siamo lontani dalle note calde di Inno all'amore di Edith Piaf cantata da Celine Dion sul palco dopo una malattia invalidante, siamo lontani dal festival finale di tedofori francesi iniziato con Zidane e proseguito con l'intermezzo sul motoscafo di tedofori stranieri, e immensi, come Rafa Nadal, Serena Williams, Carl Lewis, Nadia Comaneci. Siamo lontani da uno spettacolo conclusivo certamente affascinante ma che non cancella tutta la prima parte e il perché di questa cerimonia fuori stadio.

Anche se, in fondo, sono involontariamente simpatici i francesi. Con il loro modo di essere diversamente umili, di travestirsi da modesti senza riuscirci, si sono presi anche la pioggia. Sono simpatici perché proprio non gli riesce di fare le cose per bene. Esagerano, esagerano, esagerano e succede questo. Avevano detto che la loro cerimonia sarebbe stata l'esatto opposto di quella di due anni fa a Pechino, giochi invernali, colorati e musicati dalla Cina per diffondere messaggi di forza e potenza. E i nostri cuginetti hanno, sì, inscenato lungo la Senna una festa colorata e allegra per nulla minacciosa, ci mancherebbe anche, mica sono cinesi, però ad emergere lungo tutti i sei chilometri del percorso è stata soprattutto la sensazione di grandeur. Che poi è un altro modo di mostrare forza e potenza però con una grande differenza: la grandeur si sbandiera anche quando non si è più né forti né potenti. Significativi, invece, talvolta profondi, i messaggi mandati dalle coreografie e gli show a tappe organizzati lungo le rive mentre i bateau mouches solcavano la Senna e andava in mondovisione questo capodanno olimpico. Toccante quello della sincronicity con l'invito all'unione per risorgere e risolvere i problemi, chiaro riferimento alla cattedrale di Notre Dame e alla sua ricostruzione e alla prossima inaugurazione a dicembre. Bello il momento con Lady Gaga, incomprensibile invece - che sia un dispettuccio a noi italiani? - la scena del furto della Gioconda. Foriero di polemiche come l'Ultima cena mimata dalle Drag queen. Momenti così così ai quali ha fatto da contraltare il messaggio profondo e giovane di inclusività con al centro la nostra Bebe Vio danzante in un costume stile tutu, una Bebe splendida con tutta la sua forza espressiva e non solo sportiva.

Insopportabile, invece, ma da trattare bene perché portatore di sorprese a fine cerimonia, il tedoforo misterioso che ha accompagnato l'intero show saltando come l'Uomo Ragno su sponde, moli, marciapiedi, strade, tetti. E meno male che il servizio d'ordine e le decine di migliaia di agenti hanno fatto il loro dovere, sennò sgambettarlo sarebbe stata una tentazione meravigliosa. Fattosta, alla fine l'insopportabile è ricomparso davanti alla torre Eiffel per passare la fiaccola a Zidane e avviare la lunga fase dell'accensione. Se il finale è stato questo, divertente invece l'inizio della cerimonia, quando Jamel Debbouze, attore franco-marocchino, sbagliando indirizzo, si è ritrovato con tanto di fiaccola in mano in uno Stade de France vuoto e ha passato la fiaccola a Zinedine Zidane. Simpatico osservare Zizou aggirarsi in metrò, sorridente, rassicurante, sicuro di non incontrare un Materazzi qualsiasi lungo la banchina e poi consegnare ai tre bambini la fiaccola per spedirli in barca in mezzo alla Senna. Povere stelle...

Un avvio di cerimonia hollywoodiano che ha ricordato quello di dodici anni fa a Londra, quando in un altro video, la regina Elisabetta II venne paracadutata nello stadio. Già, lo stadio. Mancava ieri sera lo stadio. Mancavano i suoi rettilinei e le sue curve come braccia rassicuranti a stringere e scaldare i piccoli e grandi eroi dello sport e, perchè no, anche noi pubblico. Mancava lo stadio mentre sotto il ponte di Austerlitz iniziava a solcare le acque verdi e ancora inquinatissime della Senna il primo bateau mouche, quello con a bordo la delegazione greca.

Una grandeur, dunque, divisa in dieci tappe a tema, una grandeur che ha relegato migliaia di atleti bagnati a comparse e issato sul gradino alto del podio non lo sport, ma Parigi. Un immenso, colorato, confuso omaggio a una città meravigliosa che si è trasformato però in uno sgarbo verso chi l'olimpiade davvero la onora. Perché gli atleti hanno bisogno delle olimpiadi per dare senso alle loro fatiche. Parigi non aveva bisogno di farsi un auto spot per sembrare più bella. Ma forse ne aveva bisogno Macron.

Non per apparire più bello, ma per essere ricordato come il presidente che ha sottolineato al mondo, madames et messieurs, le olimpiadi le abbiamo inventate noi. In cambio si è preso dei fischi. E tutto questo mentre Sergio Mattarella dopo aver indossato la mantellina anti pioggia e resistito due ore, aveva lasciato la tribuna. Grandeur.

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