Per una Camera con moglie e amici Fassino sfida il conflitto d’interessi

Ds in rivolta per le candidature: esclusi eccellenti e regole ad personam

Luca Telese

da Roma

«Mi sono tirato fuori da questo Safari. Decida il mio partito...». Peppino Caldarola, clamorosamente escluso dalle liste dei Ds (dovuta a beghe locali in Puglia) preferisce non commentare il dibattito aperto nel partito sulla falcidiazione dei gruppi parlamentari nelle nuove liste. Ma il suo nome è già un simbolo, la punta di un iceberg di malumore immenso, un problema che può far saltare per aria il Botteghino. Anche perché non è il solo: al punto che persino la nuova sfavillante velina curata dal capo ufficio stampa di Rifondazione comunista Fabio Rosati - Rosso di sera - apre il suo ultimo numero sul tema così: «Salvate il soldato Giulietti». In questo caso, ovviamente si parla di Beppe Giulietti, anche lui a rischio di ricandidatura, al pari dei migliori deputati del gruppo parlamentare, i più esperti e competenti. Altri nomi su cui si dibatte in queste ore non dicono molto al grande pubblico, ma sono uomini-chiave della Quercia a Montecitorio: i segretari d’Aula Renzo Innocenti e Piero Ruzzante, per esempio. Ma la lista delle decapitazioni eccellenti non può continuare all’infinito (si fa fuori il 45% del gruppo, è in discussione anche Vincenzo Visco) se prima non si risponde a un’altra domanda: perché tutto ciò accade?
Il nodo è tutto nei numeri. I Ds dispongono di 136 uscenti, e il comitato presieduto dal coordinatore della segreteria della Quercia Maurizio Migliavacca si trova davanti a questo dilemma: come far posto alla nuova classe dirigente fassiniana, fino a oggi estranea alle aule parlamentari, tenendo conto che nella lista unitaria bisogna far posto anche ad alleati e indipendenti? Il primo criterio adottato per le ricandidature è stato questo: mandare a casa tutti quelli che avevano già fatto due legislature. Il conto è presto fatto: sessantacinque esclusi. Nulla di nuovo, apparentemente, accadeva anche nel Pci. Ma così restavano fuori troppi big, visto che le uniche eccezioni consentite erano i leader del partito e i capigruppo. Come recuperare tutti gli altri? Ecco la prima eccezione. I capi-corrente: nessun problema, dunque, per Fabio Mussi, Cesare Salvi e Fulvia Bandoli (tutti fuori quota). Fatta un’eccezione se ne può fare un’altra: Si potevano infatti tenere fuori nomi come Liva Turco, Anna Finocchiaro e Giovanna Melandri, proprio nel momento in cui si dice che bisogna far spazio alle donne? No di certo, ed ecco un’altra eccezione: gli ex ministri sono dispensati. C’era poi un altro problema enorme: come rendere tecnicamente possibile il recupero della first lady Anna Serafini, una che a tornare il Parlamento ci tiene moltissimo, visto che fa parte del gruppo dirigente storico, e che ritiene di essere stata già sfavorita dentro il partito, in quanto moglie del segretario? È così che dal cilindro della commissione è saltata fuori un’altra regoletta decisiva: il limite di due legislature non si conta, se non sono consecutive (il cosiddetto «buco»). E così la Serafini, che ne ha già fatte quattro ma che è stata fuori da questo Parlamento, ritorna magicamente in corsa. Il commento irriferibile di un dirigente di prima linea è questo: «Dal lodo Previti al lodo Serafini, pure noi abbiamo le nostre leggine ad personam». Esagerato? Forse. Ma è a questo punto che nel partito scoppia la rivolta. Anche perché a ben vedere anche le altre new entry gradite al segretario non sono proprio verginelle: entrano infatti sindaci uscenti e addirittura cadetti che tre legislature le hanno già fatte (ma da consigliere regionale). La vera spiegazione è che sono i cosacchi della maggioranza. E così il gruppo del segretario (che deve giustificare la decapitazione e la simultanea autopromozione) prova a sedare i malumori proponendo quello che nel calcio si chiama «ripescaggio» e qui si definisce «deroga»: ad esempio quella per «dirigenti di rilievo nazionale».

Dieci miracolati, che vengono decisi questa settimana: fra loro può figurare la migliore deputata della Quercia, Elena Montecchi (cinque legislature?); oppure Visco, Caldarola, Ruzzante, Innocenti; o Lanfranco Turci (punito forse perché critico sull’Unipol?) o la presidente delle vittime di Ustica Daria Bonfietti? Comunque vada non sarà una scelta indolore.

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