Paolo carissimo, lo so, lo so, Andrea Camilleri è uomo di parte, fazioso, spesso sgradevole. Ma, come non riconoscerne limportanza letteraria, addirittura - spero tu possa concordare - la grandezza? Capace, come non molti, di creare e far vivere un intero piccolo mondo, scrittore delizioso, meriterebbe, a parer mio, il Nobel. Ecco, ti propongo la «cofondazione», al fine di proporne la candidatura, di un Comitato che raccolga il maggior numero di possibili adesioni. Che ne dici?
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No, guarda caro Mauro, sono troppo occupato con i comitati, i premi e i circoli dei quali sono fondatore e presidente (emerito) a vita. Ora poi sto mettendo su il «Pip» (Puntiamo i piedi), un movimento che si propone di arginare la deriva nuovista e cambista. In pratica un cartello, una lobby che si oppone a sta mania molto «sinceramente democratica» di agognare al nuovo e pertanto di voler cambiare tutte le carte in tavola. Siccome chi lascia la vecchia strada per la nuova sa quel che lascia ma non sa cosa trova, io dico: fermi tutti. Fateci tirare il fiato. E lavorate sullesistente (che non è affatto male) cercando di migliorarlo se possibile e rimandando cambiamenti, rebelotti, rinnovamenti, avvicendamenti, multietnismi, neosessantottismi, eccetera a un dopodomani. Però, anche se non fossi impegnato col «Pip», per Camilleri non sono disponibile, caro Mauro. Quel tipo non mi piace né come romanziere, né come uomo. Ha detto tante di quelle porcate sugli elettori di destra, nelle cui schiere milito, che con me ha chiuso. Mi fa specie di te, piuttosto: estimatore e conoscitore del grande Pietro Chiara, che lui sì, mi vai dicendo che il Camilleri è «delizioso» perché nella robaccia che scrive «fa rivivere un intero piccolo mondo»? Ma quale mondo, Mauro, ma quale mondo... la sua è una realtà artefatta, studiata a tavolino, furbesca, manipolata in laboratorio. Gli piacerebbe avere il tocco e locchio di Chiara, al Camilleri! E gli piacerebbe - ci tenta da sempre, gaddeggiando a più non posso - essere il nuovo Gadda. Ma Gadda era Gadda, Camilleri è e resta Camilleri e il suo elucubrato siculo-italiano fa ridere, per quanto è loffio. Ho qui, infilato sotto il piede della scrivania che siccome ballonzolava un po aveva bisogno duna zeppa, La mossa del cavallo, uno dei due o trecento libri scritti dal tuo «delizioso» eroe. Ti trascrivo qualche riga tratta dalla prima pagina (lunica che ho letta. Poi il libro sè fatto zeppa): «I fedeli abituali della prima messa lasciarono tutti la chiesa, cizziòn fatta di Donna Trisìna Cìcero, la fìmmina che aveva tussiculiàto, la quale se ne ristò in ginocchio, sprofondata nella preghiera (...) Donna Trisìna aspettò che il sacrestano se ne niscisse dalla chiesa, poi si fece la croce, si susì e savviò verso la sacristìa. Trasì cautelosa. La luce primentìa del giorno le bastò per assicurarsi che nel locale non cera anima criàta. Proprio allato al grande armuàr di pscipàino dove stavano i paramenti...». Ma ti pare? Ma chi vuol far fesso, chi vuol prendere per i fondelli, con quel lessico del cavolo? Senti a me, Mauro: non ti dar da fare. Tanto, uno come Camilleri il Nobel lo ha già in tasca. È di sinistra, se la tira da Venerato Maestro, scrive cosette infiorandole col fregnacciume finto siculo... a uno così prima o poi il Nobel glielo appiopperanno, ci puoi giurare.
Paolo Granzotto
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