Canicola al Polo, gli eschimesi mettono i condizionatori

Venticinque impiegati Inuit hanno installato 10 impianti per refrigerare il loro ufficio

Nino Materi

Fino a ieri, quando si voleva fare un complimento a un venditore, si diceva che «è così bravo che riuscirebbe a piazzare un condizionatore d’aria perfino al Polo nord». Ma da oggi bisognerà inventarsi qualcosa di nuovo, perché dal Polo nord i condizionatori d’aria li stanno comprando davvero. Tanto che i piazzisti che un tempo bussavano alle porte di casa, ora stanno bussando alle porte degli igloo. Ricevendo un’accoglienza tutt’altro che fredda.
Considerato che anche nella terra dei ghiacci perenni non esitono più le mezze stagioni, un gruppo di 25 impiegati Inuit nel villaggio di Kuujjuaq ha deciso infatti di installare nel proprio ufficio 10 air conditional split capaci di rinfrescare l’ambiente così come avviene nella pubblicità delle caramelle Vigorsol. A proposito di spot: già qualche anno fa, quelli della De Longhi, avevano immaginato di offrire i loro «Pinguini» agli eschimesi. Sembrava un paradosso, invece...
Alla notizia degli accaldati travet Inuit a caccia di refrigerio, hanno esultato soprattutto gli scienziati specializzati in catastrofismo cui non è sembrato vero poter dire: «Avete visto che abbiamo ragione noi, quando diciamo che il pianeta diventerà un deserto?». Alle loro orecchie, le parole di Sheila Watt-Cloutier (portavoce dei sudati impiegati di Kuujjuaq) diventano musica: «Questi sono i tempi in cui nell'estremo nord dobbiamo avere i condizionatori in funzione. Le nostre case artiche sono fatte per essere ermetiche per il freddo e non “respirano” bene nel caldo. La temperatura a Kuujjuaq, dove vivono 2.000 persone, ha raggiunto i 31 gradi centigradi alla fine di luglio». Ma le sorprese non finiscono qui.
Per la prima volta nella storia della cittadina di Tuktoyaktuk, pare si siano visti volare tra gli igloo strani insetti: zanzare. Apriti cielo. Niente di meglio per prevedere un futuro a tinte fosche, anzi listate a lutto: «I gas emessi dalle grandi industrie e dalle auto - assicurano i climatologi indigeni - potrebbero portare a un sempre maggiore aumento delle temperature, siccità, inondazioni e un innalzamento del livello del mare fino a un metro nel 21esimo secolo».
«Un aumento delle temperature influisce sui settori più diversi, come la produzione di birra, solari, abbigliamento leggero, condizionatori, costumi da bagno e auto decappottabili - dice Manfred Stock del Potsdam Institute for Climate Impact Research in Germania -. Gli agricoltori potrebbe essere in grado di coltivare nuovi prodotti più vicino ai poli, modificare il range di scelta e i turisti cambiare le loro abitudini».
Gli amanti delle statistiche climatiche (materia nota non certo per l’attendibilità scientifica) giurano che gli anni 90 sono stati «probabilmente» il decennio più caldo degli ultimi mille anni, e il 1998 è stato l'anno più caldo in assoluto, secondo i dati Onu: «Le temperature sono salite di 0,6 gradi centrigadi dalla fine del 1800 e potrebbero salire di 1,4-5,8 gradi entro il 2100».


David Viner dell’University of East Anglia in Inghilterra, si spinge oltre: «Anche il turismo potrebbe modificarsi nel XXI secolo, con le spiagge del Mediterraneo troppo calde per i nordeuropei, che potrebbero scegliere di stare a casa». O di andare a gustarsi un ghiacciolo negli uffici refrigerati di Kuujjuaq.

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