Cannes, «Tre ore» per farsi conoscere in Italia con una storia cruda

Al festival del cinema arriva Annarita Zambrano, romana ma residente da 10 anni in Francia e unica donna della Quinzaine des Realisateurs, con un cortometraggio che racconta l'incontro di una bambina di 9 anni con il padre detenuto per omicidio

Arriva a Cannes da sola e con un cortometraggio di 12 minuti, è l'unica donna quest'anno alla Quinzaine des realisateurs e tra i quattro italiani al festival del cinema (oltre a Luchetti, Guzzanti e Frammartino), da 10 anni vive in Francia ma, dice, «la nostalgia per l'Italia è tanta, persino delle nostre miserie». Si chiama Annarita Zambrano e il suo minifilm, «Tre ore», che passerà venerdì prossimo è interpretato da Rolando Ravello e sua figlia Sofia.
È la storia di un uomo condannato per omicidio e che dopo alcuni anni di carcere ottiene un permesso di tre ore. Ad aspettarlo trova sua figlia di 9 anni, che la madre ha lasciata davanti al carcere pochi minuti prima. Il padre usa parole semplici e dirette per raccontare a sua figlia perché ha ucciso l'uomo che aveva tentato di rubargli dei soldi, stimolando la curiosità della bambina. L'uomo e la piccola condividono lo stesso linguaggio: una parola cruda, non filtrata dalle regole morali e sociali della vita normale o dell'età. «Sono "Tre ore" di vita - spiega la regista che si è prodotta il film con la francese Sensito Film - che finiscono così come sono iniziate, senza finali a sorpresa, senza grida, senza nulla di eccezionale salvo il fatto di averle passate insieme».
Figlia di un giudice, sorella di un avvocato, la Zambrano dice di essere cresciuta a contatto con il «penale». «Non mi stancavo - racconta - di chiedere loro le storie spesso atroci. Quello che mi colpiva di più non era il delitto in sè, ma la semplicità con cui veniva raccontato, come se fosse un rapporto causa effetto evidente: lui ha fatto qualcosa dunque io ho fatto un'altra cosa, come unica soluzione possibile». «In un momento in cui - si legge nelle note di "Tre Ore" - il sensazionalismo negativo è diventato un pregio, dove sono tutti colpevoli ma tutti innocenti, avevo voglia di parlare di questa semplicità, nello spiegare cose inspiegabili, che vanno al di là di ogni regola morale. L'uomo è colpevole e non lo nasconde, non piange, non invoca perdono. La figlia non lo giudica. Lo guarda solo per quello che è e forse gli vuole anche un po' di bene. L'uomo, dal suo mondo parla di morte, di sangue, di soldi e si domanda se qualcuno là fuori lo ama ancora. La bambina è incuriosita da quello che di solito vede in televisione e in fondo, a parte questo piccolo intermezzo, si è abituata all'assenza del padre. Appena può racconta piccoli pezzi del suo mondo, quello fuori, meraviglioso e crudo come appare ai suoi occhi».


Lo sfondo è Roma, il Tevere, il Gazometro, la città dove è nata la Zambrano, che dopo quattro cortometraggi si sta preparando per girare a giugno il primo lungometraggio Frammenti di un secolo in fuga, prodotto da Sensito Film per la Francia e attualmente in cerca di una coproduzione italiana.

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