Una canotta ha seppellito i radical chic

Una canotta li seppellirà. Toccherà rimpiangerlo il Pdl «di plastica» di cui stanno ancora tutti a blaterare. Con le signore generose di seno e di labbra. Intanto c’è la Lega, col suo risultato elettorale sbattuto in faccia all’Italia intera. La Lega che è “sporca”, sa di muratori, di gigantesche pizzerie illuminate al neon, di olio riciclato, di cibi fritti. La Lega e i suoi esponenti dai capelli lunghi e malcurati (alla sinistra vanno bene solo quelli di Alessandro Baricco e Michele Santoro), la Lega e le sue camicie a maniche corte di cotonino debole, la Lega e il suo verde bandiera libica, verde Tiger Wood, ma quello delle amanti però, la Lega e la sua imperdonabile mancanza di gusto.
Se ne facciano una ragione i «radical chic» ribattezzati «fighetti» tanto per adeguarsi un po’ alla nuova aria sguaiata che tira dal Nord, questi ci sono. Una canotta li seppellirà, quelli del tweed, delle cravatte di cachemire, dei completi di velluto, delle buone letture. Ha voglia Gad Lerner (nella foto) a difendersi dall’accusa di essere «un fighetta», appunto, spiegando che anche «Roberto Cota li frequenta i salotti e che il popolo non ha sempre e per forza ragione». Lui che è stufo di sentirsi dire che siccome veste bene e ha il naso importante e la erre moscia e il cosmopolitismo giudaico e il mezzo toscano in bocca, allora non capisce cosa voglia la gente. Anche loro che leggono Repubblica e vestono con la coscienza del gusto lo sanno che cos’è che ammala il mondo.
Intanto però, a curare il mondo, gli italiani hanno chiamato la Lega. E hanno voglia gli altri a inorridere davanti alle abbronzature «da campo» dei seguaci di Bossi. Quelle che lasciano un sacco di zone del corpo bianche e malcuociono tutte le altre. Hanno voglia a inorridere davanti a facce tinte dai raggi come fossero uscite da una friggitoria islamica. Dopo la débâcle elettorale, la débâcle estetica. Un ruzzolone senza freni verso il chip. Che disgrazia questi piccoli vincitori per questi grandi perdenti. Prima la tv delle veline, ora le cravatte secessioniste. Quanto dà fastidio il popolo padano agli intellettuali di sinistra. Le loro vacanze brulle lontane da Capalbio, le loro cucine col calendario di Padre Pio, i loro tinelli coi centrini di pizzo, i capillari delle guance rotti dalla grappa.
E loro lì, con le pashmine e l’infradito di corda, coi romanzi di Jack Kerouac sotto al braccio, col golfino eco compatibile e la desolazione delle urne. Ci vuol gusto a governare, ma intanto non governano. Mentre la Lega vince, senza nemmeno essere stata ammessa nei salotti buoni delle reti generaliste. Gli unici “leghisti” che funzionano in video, a voler bene vedere, sono Santoro (leghista senza Lega che prima del malore di Bossi, con Bossi ci andava d’accordo) e Lucia Annunziata (una proto leghista di sinistra che inneggia l’Europa delle piccole nazioni, il localismo, che mette al centro l’individuo al posto dei «mostri» di Strasburgo e Bruxelles, che difende le quote latte). Mentre la sinistra è tutta in tv a dire che non la fanno andare in tv. E a perdere le elezioni. Anche se il vero choc dei radical non è stato il conteggio delle schede.

Il vero choc inizia adesso, con un’Italia governata dalla mancanza di charme dai «polentari» di Gemonio, dalle trote scapigliate, dalle bandiere chiassose. Che orrore. È proprio vero: «Il popolo non ha sempre e per forza ragione».

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