Capezzone, il radicale che critica la sinistra ma sta con il governo

Nell’antistudio della commissione Attività produttive della Camera ci sono tre ragazzi che siedono agli scrittoi. Al mio passaggio, si presentano educatamente. Il primo è un perologo. Ha scritto un libro su Marcello Pera, demolendo l’ex presidente forzista del Senato. Un altro è l’ideatore dei referendum con cui i radicali allietano i nostri dì festivi. Il terzo ha frantumato anche lui qualcuno o qualcosa, ma non ricordo cosa. Questa centuria di rompiscatole fa da corona al re degli scassabiglie, Daniele Capezzone, vecchia conoscenza, ma neo deputato della neonata Rosa nel pugno. Il trentatreenne mi osserva sornione dal suo ufficio di presidente della suddetta commissione, aspettando che abbia terminato la rassegna dei suoi assistenti. La sua graziosa figura si staglia sull’uscio in sontuosa giacca azzurro laghetto e cravatta verde ramarro.
«Quale onore!», dice col tono pigliafondelli e mi tira dentro la stanza, chiudendo la porta. Ha un’ombra scura sulle guance rosa: un abbozzo di barba sul viso imberbe.
«Come va?», gli chiedo, rallegrato della scoperta. L’ultima volta che l’ho visto, tre anni fa, non aveva un peletto che fosse uno.
«Bene, anche se mi tocca schivare i taxi per non battibeccare coi taxisti. Un guaio. Io non ho patente e vorrei evitare, per coerenza radicale, l’auto blu di presidente di commissione», dice.
«La liberalizzazione delle licenze è opera di Bersani. I taxisti, semmai, crocchiano lui. Che c’entri tu?».
«Perna, nun ce prova’. Da più di un anno, noi Radicali italiani della Rosa nel pugno abbiamo sposato l’agenda Giavazzi (editorialista del Corsera in perenne ricerca di taxi. Primo a chiedere la triplicazione delle licenze, ndr). Nessuno ha appoggiato Bersani come noi», dice sgranando gli occhi da fanciullone, raddoppiati dagli occhiali.
«Com’è questo Bersani?».
«Tra i ministri più coraggiosi. Non chiacchiera, fa. Ma coi taxisti ha ceduto e ha aperto la caccia delle corporazioni. I panificatori di Milano hanno minacciato blocchi stradali. Un pugno di persone ricatta 57 milioni di italiani. I cedimenti non pagano», dice Capezzone bellicoso e, dimentico della nonviolenza, viviseziona una penna svitandola pezzo per pezzo.
«Che fare?».
«Propongo la creazione di un Movimento trasversale contro le corporazioni».
«Voce grossa coi pesci piccoli, ma zitti e mosca coi potentati», ribatto.
«Ti do una notizia. Ho un emendamento per scorporare dall’Eni la sua rete distributiva, Snam-Rete Gas. Se ne parla a settembre insieme alla mia proposta di ridurre a zero l’iter per aprire aziende».
«Tempo fa, mi hai detto: “Con questo centrosinistra non saprei di cosa parlare”. Oggi, sei col centrosinistra».
«Se mi chiedi. “Ci stai bene?”. La risposta è, no. Meglio nel centrodestra? Ancora, no. Un liberale è a disagio dovunque. L’unica, è fare cose liberali. Mi sembra che ci riusciamo», si compiace.
«Dicevi: “A destra c’è più spirito riformatore”», rievoco.
«Confermo. Nell’elettorato Cdl c’è stata una grande spinta al cambiamento. Berlusconi ha mancato l’occasione di entrare nei libri di storia. Ha invece scelto la linea Tremonti: difensore dei forestali calabresi, più numerosi che in Canada; sponsor degli Ordini professionali; contrario ai voli low cost».
«In difesa della tua scapolaggine dicevi: “L’idea di sposarmi sta un po’ più sotto di quella di iscrivermi a Rifondazione comunista”. Visto il tuo clamoroso avvicinamento a Rc, sei anche prossimo a sposarti?».
«Oggi, sostituirei Rc coi Comunisti italiani di Diliberto. Do atto a Rc di dare prova di maggiore ragionevolezza. È Diliberto a fare l’estremista, grazie a Berlusconi che a furia di “oddio, Diliberto”, lo ha gasato. Quanto a sposarmi, non è cosa», dice Capezzone che, effettivamente, sta benissimo così. È liscio, ordinato, in carne.
«Diffidavi dell’Ulivo e ci sei dentro», insisto.
«Noi mi qualifico per dove sto, ma per quel che faccio. Non ho cambiato di un millimetro le mie priorità».
«Perché avete rotto col Cavaliere?».
«Abbiamo provato dieci anni a dialogarci. Ha sempre detto no. Così, abbiamo puntato sull’alternanza. Ora, siamo con l’Unione e qui facciamo la nostra politica».
«Detestavi Rc, ma hai eletto Bertinotti in cima alla Camera».
«Insisti, Perna? Allora scrivi, due punti: è stato un atto di fiducia personale, punto».
«Ooo! La punteggiatura è affar mio».
«Accordato. So che Bertinotti saprà rispettare i parlamentari più lontani da lui. Sarebbe però meglio se facesse meno commenti politici».
«Voi radicali davate dell’ignavo a Napolitano. Come avete potuto spedirlo al Quirinale?».
«Non ricordo questi giudizi. Ma sono molto contento della presidenza Napolitano. Nel caos italiano, è una certezza. Un frangiflutti che fende le onde controcorrente».
«Di Prodi alla Commissione Ue, Emma Bonino diceva: “Ha il cervello piatto”. Ora è suo ministro. Con che faccia?».
«Ti sfido a dimostrare che Emma muti i suoi obiettivi di allora. Prodi sa che non gli facciamo sconti», dice Capezzone tetragono a ammettere le contraddizioni. È la scuola Pannella, la sola che ha frequentata. Pace.
L’ultima di Marco è lo sciopero della fame per gli otto senatori che vi sono stati negati. L’ha sospeso, fiducioso. E i senatori col piffero che li avete.
«Non molliamo la battaglia. È solo silenziata dai giornali. Il ministro dell’Interno, Amato, e il giurista Giuliano Vassalli hanno sposato le nostre tesi. Mi aspetto che qualche tv, giornale o citofono dia la notizia».
Rovinato da Marco: fai come lui l’eterna vittima.
«Perna, nun ce prova’».
L’alleanza con lo Sdi di Boselli è già in frantumi?
«Noi abbiamo investito molto nella Rosa nel pugno. Ci crediamo davvero».
Però litigate ogni giorno.
«La Rosa nel pugno ci sarà ancora quando buona parte degli altri partiti avrà chiuso. Io non vado in vacanza. Sarei tanto contento di lavorare in agosto coi compagni socialisti su questo obiettivo. Dobbiamo lanciare sfide su tutto. Solo così esistiamo, dentro e fuori l’Unione».
Dovrai scuotere il placido Boselli.
«Occorre passare dai ritmi Sdi ai ritmi radicali».
Che intendi per ritmi radicali?
«Da Capodanno ’98 non ho fatto un giorno di ferie, Natale e Pasqua inclusi. Dormo quattro ore».
I ritmi Sdi, invece?
«Musicalmente parlando, tendono allo slow».
Tu sei filo-Israele...
«Sono filodemocrazia, quindi per Israele».
Anche in questa guerra libanese?
«Israele sbaglia a dimenticare, come lo fa l’Europa, la carta politica del suo ingresso all’Ue. La sola opzione militare è illusoria».
Bimbi morti, vecchi in fuga...
«Molto grave il modo in cui la tv italiana, anche stavolta, ha descritto Israele con tinte spietate. Non ricordo simile intensità d’immagini quando in una discoteca israeliana c’è un attentato palestinese».
Il grosso dell’Unione è filo-arabo.
«A sinistra c’è un vecchio riflesso anti-Israele. Se leggessero più Blair di Gino Strada, andrebbe meglio».
D’Alema è «equivicino» o strabico in favore di Hezbollah?
«D’Alema ha molto spirito di geometria, poco di finezza. Badi meno alla distanza e più all’affidabilità democratica dei contendenti. Metter sullo stesso piano Israele ed Hezbollah è un tragico errore. Spero lo eviti».
Il tuo stesso compagno di partito e sottosegretario agli Esteri, Intini, è dalemianamente «equivicino» a Israele e Olp.
«Gli abbiamo detto che siamo in disaccordo. Rischia di non accorgersi che questo non è il solito conflitto israelo-palestinese. Dietro ci sono Iran e Siria che vogliono cancellare Israele».
Ormai siete organici all’Unione.
«Organici lo dici a soreta. Chieda (è passato al lei con voce incrinata dallo sdegno) a D’Alema se ci considera organici».
Arriverete a fine legislatura con questa maggioranza?
«Il rischio di Prodi è di durare trascinandosi. Deve avere un colpo d’ala. Non cedere ai tassisti, fare altre liberalizzazioni».
Per non impantanarsi nelle vostre contraddizioni, altri radicali, Taradash, Calderisi, Della Vedova, sono nella Cdl.
«Gli auguro di suscitare nel centrodestra un cinquantesimo delle sfide liberali che noi suscitiamo a sinistra».
Rutelli è un ex dei vostri. Che ne pensi?
«Essendo agile e sveglio, deve scegliere se farsi guidare dalla bussola della furbizia e del tatticismo o lavorare con noi al cantiere dell’innovazione economica. Sempre che non sia distratto a trafficare con vescovi e cardinali».
Prodi ha una ricetta: più tasse. Concordi?
«Guarda chi c’è lì (indica una foto di Einaudi sulla parete). Mica ti aspettavi di trovarci Visco».
Qual è il tuo odierno pensiero sul Cavaliere?
«Se ha perso, lo deve a se stesso. Se avesse fatto la rivoluzione liberale, sarebbe stato plebiscitato».
Avete portato in Parlamento un terrorista.
«Sergio D’Elia per 15 anni si è impegnato contro la pena di morte. Nei 14 anni di carcere ha sfidato le Br scegliendo la dissociazione».
Il terrorista Sandalo lo accusa di delitti di sangue e la Digos indaga.
«Ci si affida ancora a pentiti che 30 anni dopo sembrano finalmente ricordare. Mi auguro che i garantisti, di destra e di sinistra, riconosceranno che il metodo fa acqua».
Altri hanno portato due illegalisti al cubo, Caruso e Farina. Peccato, potevate farlo voi.
«Nun ce prova’.

Quasi tutto mi divide da loro, ma avrei paura di un Paese in cui a qualcuno sia impedito di essere eletto. Giusto o sbagliato, è la democrazia».
Due righe per scusarti coi radicali da voi traditi.
«Questo film del nostro tradimento in che cinema lo danno? Lei pensi al suo giornale. Io penso ai nostri radicali».

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