La cardiochirurgia si trasforma

La cardiochirurgia si trasforma

Una vera rivoluzione scuote la cardiochirurgia italiana. I 107 Centri attuali, con oltre mille cardiochirurghi, verranno ridotti di quasi il 50%. I criteri di selezione non sono ancora stati definiti, si procederà per accorpamento, cioè fusione. L'obbiettivo una maggiore efficienza ed efficacia e una riduzione dei costi. Le risorse disponibili sono limitate e la razionalizzazione è d'obbligo. Ne parliamo con Lorenzo Menicanti, da martedì scorso presidente della Società italiana di chirurgia cardiaca (Sicch), fondata nel 1967. Menicanti, 62 anni, nato ad Ivrea, è da anni a Milano direttore della seconda divisione di cardiochirurgia dell'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico San Donato, un Centro di eccellenza punto di riferimento non solo in Europa, ma anche negli Stati Uniti, dove Menicanti è ben conosciuto e stimato.
«Il decreto del ministro Balduzzi introduce criteri tesi a migliorare l'efficienza. La Società Italiana di Cardiochirurgia - precisa Menicanti - ha sempre messo in evidenza l'elevato numero in Italia dei centri cardiochirurgici. Una riduzione può portare ad un contenimento dei costi. Occorre però ricordare che a volte centri molto piccoli hanno ottimi risultati. Altri che hanno una mortalità superiore alla media, trattano pazienti difficili che non hanno trovato risposte terapeutiche in altri ospedali. Il sistema più efficace per ridurre i costi e migliorare i risultati è offrire ai pazienti il trattamento più appropriato. Ciò che appare semplice e meno invasivo costringe spesso il paziente a sottoporsi ad altri interventi che impattano sulla sopravvivenza e la qualità di vita, oltre che sui costi». Ogni anno sono 45mila gli interventi cardiochirurgici in Italia , da alcuni anni, in leggera diminuzione.
«Questa flessione - precisa Menicanti - è comune a tutti i paesi occidentali ed è determinata da più fattori. La prevenzione e la terapia medica hanno indubbiamente migliorato la qualità di vita e diminuito l`incidenza della malattia aterosclerotica. Anche il diffondersi di altre tecniche di cura come l' angioplastica coronarica o l`impianto di protesi valvolari attraverso un catetere sono all'origine della riduzione del numero degli interventi che diminuiscono, ma cresce la loro complessità.Nonostante ciò i risultati sono in ulteriore miglioramento».
In Italia gli interventi di cardiochirurgia più frequenti sono il bypass aortocoronarico (35-40%), le valvole (30-35%), l'aorta toracica (10-15%). Oltre alle malformazioni congenite e alle neoplasie. Sempre più importante è la scelta dell'intervento più efficace. Lo ha ribadito anche a Los Angeles, l'American Heart Association .
«Il Syntax Trial a 5 anni, o il Freedom Study, hanno chiaramente dimostrato - ricorda Menicanti - che la terapia chirurgica, con byupass aortocoronarico, rispetto all'angioplastica coronarica, regala ai pazienti anni e qualità di vita. Nonostante questi dati più del 50% dei pazienti ricevono la terapia meno efficace. Da pochi anni sono entrati nell`uso clinico dispositivi ad altissimo costo, come le valvole aortiche che possono essere impiantate attraverso un catetere senza dover sottoporre il paziente ad un intervento tradizionale che prevede l`uso della circolazione extra corporea.

I dati degli studi che si occupano di questa procedura rispetto a quella tradizionale hanno dimostrato una uguale mortalità, ma una incidenza di ictus doppia. Quindi tale procedura va riservata a coloro che non possono assolutamente essere operati».

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