Caro Berlusconi, sono riforme da fare anche se sono impopolari

I costi della politica vanno ridotti, dalle Province ai parlamentari dimezzati. C'è chi protesta? Pazienza... Le leggi buone sono sempre sgradite

Caro Berlusconi,  
sono riforme da fare  
anche se sono impopolari

Mi guardo bene dallo sminuire l’importanza delle due sberle elettorali - amministrative e referendum - subite ultimamente dal centrodestra. Ma in campo avverso si sta esagerando nell’esultare. In stato d’incontrollabile euforia, i guru della sinistra attribuiscono al verdetto delle urne una valenza epocale, con toni ispirati ne viene esaltata la suprema saggezza e nobiltà. L’Italia s’è riscattata da un lungo servaggio, vive un esaltante Rinascimento o Risorgimento, scegliete voi. Su Repubblica Stefano Rodotà ha scritto di un «rinnovamento dei modi della politica che non può essere inteso con le categorie tradizionali, che sfida le oligarchie, che rende inservibile la discussione da talk-show televisivo». Accipicchia. Non siamo più nell’ambito della banale realtà, siamo in quello di una trascendenza sublime.

Risultando io immune - bene o male che sia - da questa estasi mistica, mi provo a ragionare in termini più pacati su quanto è accaduto. Elezioni intermedie si sono risolte in una inequivocabile bocciatura del governo. Succede spesso. I cittadini hanno manifestato il loro malcontento per una gestione del Paese che ha avuto alti e bassi (ultimamente soprattutto bassi). La congiuntura è dura, vacche magre. L’opposizione fa, adesso con arroganza, ciò che le opposizioni fanno sempre. Incita il governo a spendere. Tutto è possibile, ma anche il contrario di tutto, sia nelle affabulazioni torrenziali di tipi come Vendola sia nelle battute emiliane di Bersani.

Possibile ridurre le tasse, assumere una folla di precari, ridurre il debito, incentivare la crescita, destinare fondi enormi alla magistratura e alla cultura. Il Paese di Bengodi, a sentir loro. Tutti contenti. Mai che esca da quei cappelli a cilindro uno straccio d’idea di austerità. La soppressione delle Province, la riduzione delle indennità spettanti alla casta politica - la cui sterminata ampiezza e avidità offende la gente per bene -,i tagli nella burocrazia e nella scuola sono appena accennati, svogliatamente. Sennò si rischia di scontentare una moltitudine di clientes. C’è trippa in abbondanza per i gatti d’Italia, a sentire i Dulcamara.

I demagoghi fanno il loro mestiere. I governanti, se sono bravi, ne fanno un altro:quello di gestire bene l’azienda Italia. C’è una verità che tutti sanno ma che i politici non amano affermare a voce troppo alta. Ossia: il fatto che una legge o un referendum susciti entusiastiche approvazioni è segno di democrazia, e va scrupolosamente rispettato, ma è anche inquietante. Le buone leggi sono di solito impopolari. Una delle migliori realizzazioni del centrodestra, la riforma Gelmini della scuola, è stata avversata con accanimento da corporazioni e anime belle. Maltrattata proprio perché era ed è buona. Sgraditissima dunque a chi cerca una nicchia comoda nel «pubblico».

Tra i difetti di Berlusconi c’è quello di volere sempre il consenso, la popolarità. Se i sondaggi sono cattivi è preso - almeno mi pare - dal panico. Ma i sondaggi sempre favorevoli fanno un po’ paura. Significano che c’è stata troppa condiscendenza verso gli istinti facilisti e dilapidatori della politica e di molti cittadini. Non che i cambiamenti ora promessi - come la riforma fiscale - debbano essere accantonati, ben vengano, ma se ne vedranno gli effetti tra anni. Intanto Berlusconi non esiti a varare misure impopolari, se del caso trincerandosi dietro il cattivo Tremonti. Soprattutto vorrei non esitasse nel dare un colpo di scure ai costi della politica. Se vuol essere popolare come prima, questa è una carta infallibile.

Dimagrisca le Camere, dimagrisca fortemente le indennità di chi siede nelle Camere o nei

consigli regionali, via le Province anche se si leveranno al cielo i lai strazianti di quanti perdono la poltrona. Finisca in bellezza, senza sondaggi, infischiandosene della popolarità e dell’impopolarità. Vedrà che successo.

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