CARTIER BRESSON L’emozione scatta in bianco e nero

Viene inaugurata da «Forma» la mostra dedicata al grande fotografo: 200 stampe (molte inedite), più di 50 originali oltre a film, ricordi, oggetti e libri

Luciana Baldrighi

A tre anni dall’ultima apparizione in città in occasione della sua mostra di disegni e gouaches, il Centro Internazionale di Fotografia di Piazza Tito Lucrezio Caro 1, inaugura oggi la mostra Henri Cartier Bresson. Di chi si tratta?, una retrospettiva di tutta l’opera: fotografie, film, disegni e documenti originali a disposizione del pubblico fino al 25 marzo. Nato nel 1908 a Chanteloup in Francia e morto nel 2004, Bresson nasce da una famiglia borghese originaria della Normandia. La madre discendeva da Carlotta Corday. Non è un caso quindi che il piccolo Henri già all’età di quindici anni si appassiona alla pittura e frequenta lo studio di André Lhote e i Surrealisti. Dopo un’avventura in Costa D’Avorio rientra per una febbre tropicale e dopo un lunga convalescenza gli nasce il desiderio di immortalare il mondo, la vita, le persone. Acquista una Leica sollecitato da uno scatto dell’ungherese Martin Muncaksi che ritrae tre ragazzi neri che corrono lungo il lago Tanganika. All’età di vent’anni viene in Italia poi va in Spagna dove vive intensamente l’atmosfera sociale. La Francia inizia a consacrarlo come maestro prodigio per le sue immagini formalmente ineccepibili, ricche di atmosfere mediterranee e lontano da ogni sentimentalismo. Con il bianco e nero Bresson cattura ogni istante, ogni evento che lo colpisce: il suo sguardo è sempre sulla stessa linea della sua mente, dei suoi occhi e del suo cuore. «Il momento decisivo» così veniva definita sotto forma di poetica la sua strategia artistica. «Images à la sauvette», è un volume ormai introvabile concepito e realizzato da Tériade con copertina di Matisse (1952). Negli Stati Uniti diventa amico di Paul Strand e in Messico si avvicina al cinema, successivamente diventa amico di Jean Renoir. Ma scoppia la guerra e viene fatto prigioniero dai tedeschi, riesce a fuggire per ben tre volte e si arruola nella Resistenza. Sono celebri gli scatti della liberazione di Parigi a fianco di George Rodger. Abbandona il disegno e la pittura che riprenderà solamente negli ultimissimi anni della sua vita. Il Moma di New York gli dedica nel 1946 la più importante retrospettiva credendolo disperso o addirittura morto durante la guerra. Con Robert Capa, David Seymour e George Rodger nel 1947 fonda la Magnum Photos la più nota agenzia fotografica del mondo. «Eravamo un gruppo di avventurieri mossi da un’etica» soleva ripetere dalla sua abitazione di Rue de Rivoli a Parigi a chi passava a trovarlo, ormai unico membro fondatore rimasto vivo. I suoi viaggi in India, Cina, Birmania, Indonesia, Giappone, Messico e Africa rimangono impressi su lastre e pellicole oggi possiamo ammirare nella bella mostra milanese. Una cinquantina di immagini sono assolutamente inedite. Sostiene Robert Delpire curatore dell’intera opera dell’autore: «... nel corso degli anni il personaggio è divenuto complesso, più ricco, più difficile da inquadrare nelle sue motivazioni, nessun sbandamento nelle sue scelte, siano esse artistiche o politiche. L’idea di costruire una grande retrospettiva della sua opera si è palesata quindi come una scelta dovuta». Nel volume che accompagna la mostra, pubblicato in Italia da Contrasto (Euro 75, pagine 432, 250 fotografie) troviamo testi di Arbaizar, Clair, Cookman, Delpire, Galassi, Jeanneney, Leymarie e Toubiana.

Non mancano testi scritti da Bresson stesso e i suoi disegni degli ultimi trent’anni.
Henri Cartier Bresson. Di chi si tratta? fino al 25 marzo, chiusura il lunedì con apertura tutti i giorni dalle 10 alle 20 e il giovedì fino alle 22.

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