Casini attacca la sinistra: garantisti a intermittenza

«Sulle intercettazioni mi sono mosso senza che nessuno me lo chiedesse. L’opposizione ha al suo interno estremisti come Di Pietro e vanta una superiorità morale che non esiste»

Luca Telese

da Roma

È iniziata a colpi di «caro Pier», «caro Massimo» prima di andare in onda, è finita con una litigata furibonda sulla questione morale. E dire che per un’ora e mezzo i cronisti di agenzia accorsi a via Teulada, dopo gli straordinari di cronaca e scintille prodotti dagli altri duelli si erano ormai acquietati: «Hai visto - stava dicendo una collega -, stasera non succede proprio nulla».
Già nulla: nella sequenza degli ultimi Porta a porta, infatti, dopo le scudisciate incassate da Piero Fassino nel duello con Gianfranco Fini e le scintille tra Silvio Berlusconi e Francesco Rutelli, quella fra Massimo D’Alema e Pier Ferdinando Casini sembrava una serata all’insegna del bon ton, un’amabile tenzone fra gentiluomini. Molti scambi di battute, infatti, erano stati all’insegna del garbato minuetto. Minuzie, come il presidente della Camera che dice: «Vede onorevole D’Alema, chissà se ci saremo anche fra dieci anni, a Porta a porta, e io non debba riconoscere che lei stasera ha detto molte cose sensate...». E D’Alema che gigioneggia autoironico: «Vede, onorevole Casini, noi c’eravamo anche dieci anni fa, fra dieci anni probabilmente saremo in pensione». Oppure: «Io sono intervenuto sulle intercettazioni senza che nessuno me lo chiedesse, ma lei, onorevole D’Alema - stuzzicava Casini - dovrebbe essere garantista, visto quello che vi è accaduto». E il presidente dei Ds: «Noi non siamo indagati di nulla, quindi non abbiamo bisogno di nessuna lezione di garantismo». Oppure, quando Casini si era lasciato sfuggire una stoccata salace, dopo quasi un’ora di trasmissione, passando improvvisamente dal lei al tu: «Non sei Alice nel paese delle meraviglie! Sei il leader di un partito politico, non puoi ignorare gli estremisti come Di Pietro che hai nella coalizione! Sai cosa ha detto Di Pietro? Sai cosa ha detto sul tuo partito?». E D’Alema: «Ha detto tante cose su cui si potrebbe discutere, ma non ha detto quel che dice lei». Casini: «Ti assicuro... ». E D’Alema: «Voi, piuttosto, avete un capo estremista! Nella vostra coalizione gli estremisti li avete messi al comando».
A quel punto è stato chiaro che dal fair play si stava passando rapidamente al gioco duro, che - come direbbe il poeta - fa scendere in campo i più duri. È ancora un volta il presidente della Camera ad aprire il fuoco: «La superiorità morale della sinistra non c'è! Dovete fare i conti dentro di voi con questa realtà!». E D’Alema, chiarissimamente intenzionato a ribattere colpo su colpo: «Noi non abbiamo mai teorizzato la superiorità antropologica della sinistra. Ma il fatto che chi fa politica deve rispettare delle regole, cioè la legge e fare politica senza pensare ad arricchimenti... .». E poi, ben sapendo che in questo mondo turbava gli equilibri dell’Udc in Sicilia: «Perché non fate la vostra la regola che impedisce la candidatura di persone indagate o sotto processo o in odor di mafia? Certo dovreste dare una bella sfoltita alle vostre liste - affonda con l’ironia di cui è capace, D'Alema - ma sarebbe un segnale importante». Il leader dell'Udc, fino a questo momento tranquillo e rilassato, si surriscalda e taglia corto: «Fai i nomi!». D'Alema cita allora il governatore della Sicilia: «Totò Cuffaro». Subito Casini ribatte: «Cuffaro non è stato mai condannato! Siete i soliti giustizialisti». A questo punto il presidente Ds puntualizza: «Una cosa sono le garanzie del cittadino, un'altra sono quelle che, di fronte ad accuse così gravi, deve offrire la politica perché non è consono che chi è accusato di reati tali possa candidarsi alle più alte cariche istituzionali. Non si tratta solo di garanzie giuridiche ma di responsabilità politica».
Il presidente della Camera non ci sta e rilancia la palla nel campo del centrosinistra: «Avete un garantismo intermittente! Perché se Cuffaro fosse candidato dall'altra parte la questione sarebbe diversa». Il governatore siciliano - ricorda Casini, «ha rinunciato all'immunità da europarlamentare, che come sappiamo tutti e due è più corposa di quella dei parlamentari italiani». Una rinuncia che prelude a un confronto elettorale con gli elettori siciliani: «Evidentemente - ironizza il leader Udc - non ha poi tanti scheletri nell'armadio». Ma D’Alema non molla ancora, e non accetta la spiegazione di Casini: «Come presidente della Regione Sicilia non poteva conservare anche il ruolo di europarlamentare quindi lasciamo stare... ».
Ma per D’Alema qualche contestazione arriva anche dal notista del Corriere della sera Massimo Franco. Il presidente della Quercia stava facendo una sorta di lamentela ad alta voce: «Non c'è solo Unipol, c'è anche un'inchiesta su Antonveneta in cui si indaga su un intreccio di presunti illeciti finanziari. Un'inchiesta scomparsa dai giornali. In questo sono un grande ammiratore della capacità di manipolare l'informazione che ha Berlusconi».

Ma Franco è stato ancora più incalzante di Casini: «Sarà così, ma ho l’impressione che se continuate così giocherete sempre in difensiva, sui temi imposti da Berlusconi». Conoscendo D’Alema, deve essere stata la critica che gli ha fatto più male.

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