Marianna Bartoccelli
da Roma
Per lintera cerimonia funebre per i due alpini morti in Afghanistan, Casini e Napolitano sono stati seduti accanto. Si sono scambiati il segno di pace e anche numerose parole. Se la politica si esprime a segni questo è certamente uno dei più espliciti. Subito dopo la sua battuta a Montecitorio «domani (oggi, ndr) devo partire per lAfrica nel primo pomeriggio per presiedere la riunione dellInterparlamentare e lo farò» viene interpretata come il segnale di via libera allelezione di Napolitano già al quarto scrutinio. E le dichiarazioni che seguono allufficio politico del partito di centro della Cdl vanno nella stessa direzione, con qualche ma. «Riteniamo un errore non votare Napolitano, ma abbiamo preso atto che siamo in minoranza», ha dichiarato Casini alla fine dellincontro spiegando che se la Cdl continua a ribadire il no a questa elezione, lUdc terrà fede allimpegno di alleanza. Anche se a malincuore. «Votare scheda bianca alla terza votazione - afferma sempre lex-presidente della Camera - è un sacrificio che facciamo in nome della coalizione. Lunità del centrodestra è un bene prezioso che va salvaguardato». «Siamo di minoranza, ma non di rottura», ribadisce il presidente dei senatori Udc Francesco DOnofrio che rivendica comunque un successo al proprio partito: «Siamo riusciti a non far cambiare il candidato allUnione e a stoppare Massimo DAlema. Se riusciremo a convincere Berlusconi a dare i voti della Cdl a Napolitano avremo stravinto. Ma intanto abbiamo vinto».
Dello stesso tenore le affermazioni di Rocco Buttiglione: «È una vittoria aver stoppato Massimo DAlema. San Tommaso dice che anche nel male ci sono delle gradazioni. E Napolitano è il male minore». Per Buttiglione inoltre se la Lega dovesse confermare che voterà per un proprio candidato significa che non cè una unica posizione di coalizione: «Noi rinunciamo alla nostra scelta per amore di unità, altri alleati invece no». E di fronte a queste crepe dellalleanza ripete che la decisione finale verrà presa questa mattina, prima che inizi la quarta votazione.
Parla di «grande errore politico non votare per Napolitano», lex-sottosegretario Michele Vietti. Che aggiunge: «Lavoreremo sino allultimo per tentare di convincere il resto della Cdl. È necessario che ci siano argomentazioni politiche al nostro no, e non un gioco di maggioranze interne. Ancora una spiegazione convincente, dopo che facciamo togliere DAlema e mettere Napolitano, non labbiamo ancora sentita». Per Lillo Mannino, lex-ministro democristiano eletto senatore Udc dopo anni di avventure giudiziarie, lapertura a Napolitano dimostra che non cè nel partito centrista nessuna pregiudiziale anticomunista: «Napolitano offre certamente garanzie istituzionali, così non sarebbe stato con DAlema. Questo è il punto».
La partita adesso è sul che fare dentro la Cdl al momento del voto: la scheda bianca viene vista come la soluzione che potrebbe favorire quanti dentro lUdc vogliono votare Napolitano, non ritirare la scheda salvaguarderebbe i partiti del centrodestra da eventuali tradimenti. Occhi puntati quindi sulla riunione di questa mattina del gruppo Udc. «Raduneremo i parlamentari e valuteremo il da fare, ma ribadiamo la stima e la considerazione per Napolitano e garantiamo lunità del Polo», afferma democristianamente Casini, che insiste: «Noi abbiamo un patto di fedeltà che rispetteremo, ma questo non ci impedisce di non avere lonestà intellettuale per ribadire che non votare Napolitano è un errore».
Dentro lUdc non sarà comunque soltanto Bruno Tabacci a votare Napolitano. Anche Marco Follini non seguirà le indicazioni della Cdl: «Napolitano? Io sono per votarlo. Se possibile con la compagnia più larga. Se no, anche in una compagnia più stretta», ha dichiarato ieri intercettato in Transatlantico alla Camera. Ed ha anche dato un giudizio elogiativo su DAlema, paragonandolo ad Aldo Moro. «Lo spirito istituzionale di Moro lo colgo anche in DAlema e mi fa piacere dirglielo oggi pubblicamente. Nel 71 Aldo Moro poteva diventare il Presidente della Repubblica: aveva i voti, la maggioranza numerica per farlo, ma la sua posizione politica non corrispondeva allunità politica del suo partito - ricorda Follini -. Ci fu una assemblea dei parlamentari Dc e lui scelse di chiamarsi fuori per non dividere il partito. Questo era il senso delle istituzioni, il senso del limite che aveva Aldo Moro.
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