Caso Feltri, Frattini: l'Ordine? Va abolito, spegne le voci libere

Il ministro degli Esteri critica la sospensione di Feltri: "Una precisa scelta politica". Poi: "È come una camicia di forza all'indipendenza, una creazione mussoliniana che esiste solo in Italia e in Portogallo". La solidarietà dei lettori a Vittorio Feltri: "Zittito per tre mesi dai falsi democratici"

Caso Feltri, Frattini: l'Ordine? 
Va abolito, spegne le voci libere

«La questione è complessa, da dove preferisce iniziare?».

Iniziamo dal Diretùr che non si sbaglia mai, ministro Frattini.
«La sospensione per tre mesi di Vittorio Feltri richiede solidarietà, ma anche grande indignazione per come è stata esercitata politicamente un’azione disciplinare...»

Alt, lo sapevo.
«Prego?»

Come preferisce essere definito, ignorante o in malafede?
«Preferibilmente in nessuno dei due modi».

Giancarlo Ghirra, segretario del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti: «Soltanto la malafede o l’ignoranza possono far pensare a decisioni politiche».
«Ecco. Questo modo di porsi già è indicativo di come agiscono questi signori, rispondendo con gli insulti a chi la pensa diversamente».
Spiega Ghirra che la legge istitutiva dell’Ordine non prevede sanzioni pecuniarie, ma solo avvertimento, censura, sospensione, radiazione.

E che per questo...
«Guardi, il fatto che la legge dell’Ordine, al contrario della legge ordinaria che dispone di molti strumenti, preveda una sola misura, è solo un ulteriore argomento per abolirlo, l’Ordine».

Diranno che difende la macchina del fango, benvenuto a bordo.
«Vede, il problema non è la misura adottata, ma la decisione di adottarla: è stata fatta una scelta precisa, colpendo un grande giornalista liberale, una delle poche voci libere in Italia».

Dice sempre Ghirra che «chi pubblica una notizia falsa, chi fabbrica falsi, chi non rettifica le inesattezze ingannando così i suoi lettori, viene sanzionato».
«E questo non è il caso del suo direttore».

Il quale per la parte sbagliata delle notizie sul caso Boffo ha chiesto scusa.
«D’altronde il fatto che direttori dichiaratamente di sinistra come Padellaro e comunque non certo berlusconiani come Mentana e Anselmi abbiano pubblicamente testimoniato solidarietà a Feltri dimostra che, al di là degli schieramenti, è stata presa una decisione grave».

Diceva Luigi Einaudi che «giudice della dignità o indegnità del giornalista non può essere» un altro giornalista, e che un «tribunale di pari» è solo «uno strumento fazioso per impedire agli avversari o agli antipatici l’espressione libera del pensiero».
«In quello scritto su Risorgimento Liberale, Einaudi disse anche che “l’albo obbligatorio è immorale, un risuscitare i peggiori istituti delle caste e delle corporazioni chiuse, prone ai voleri dei tiranni e nemiche acerrime dei giovani, dei ribelli, dei non-conformisti”».

Ora, magari non proprio giovane, Feltri, ma ribelle lo è abbastanza.
«Quel signore di cui già non ricordo il nome...».

Ghirra.
«Potrebbe volgere un pensiero deferente al secondo capo della Repubblica italiana».

Il quale però è inascoltato dal 1945.
«Sappiamo tutti che l’Ordine è una creazione mussoliniana, nato con l’albo nel 1925 e con la legge del 1963. Quello che non si sa è che un organismo simile esiste solo in Italia. E in Portogallo: lì pure istituito dalla dittatura».

Un altro Ordine è possibile.
«Va abolito».

La massacreranno, fortuna che sta partendo per Lisbona...
«L’Ordine è una corporazione, il che confligge con la libertà, l’indipendenza e la trasparenza che devono caratterizzare il mestiere di giornalista».

Gridano al bavaglio e poi imbavagliano.
«E vogliamo parlare dell’accesso alla professione?»

Poiché ora arriverà la storia delle clientele e dei diplomifici, magari escludiamo i presenti...
«Mi fermo prima, all’esame di Stato. Se un praticante non lo passa continua a lavorare finché non lo supera. Che senso ha?».

Se è per quello si lavora anche prima di farlo, l’esame...
«Sottopagati, fra l’altro».

Faccia qualcosa lei, ministro.
«L’Ordine va sostituito con un semplice albo, che dica chi lavora e dove. È facile».

Facile? Ma se in Parlamento giacciono proposte di legge mai discusse! E poi se lo ricorda il referendum del 1997?
«Non si raggiunse il quorum, vero, ma il 65 per cento di chi andò a votare, votò per l’abolizione».

Quindi che si fa?
«Il Pdl ha istituito una commissione di esperti per definire un testo di legge per l’abolizione».

Dice l’Ordine che serve una modifica alla Costituzione, che impone l’esame di Stato a chi vuole esercitare una professione.
«Discorso molto improprio: quella del giornalista non è una professione come le altre. Un ingegnere è giusto che faccia l’esame e dimostri di saper costruire un ponte su cui passeranno migliaia di auto».

Non costruiremo ponti, ma possiamo fare seri danni lo stesso.
«Il fatto è che poi un ingegnere che si iscriva all’albo dei pubblicisti può scrivere sui giornali senza superare esami. E poi scusi, in Italia per la stragrande maggioranza voi giornalisti non siete free lance, ma dipendenti».

Che c’entra?
«Sto dicendo che a regolare la professione, oltre a un albo che dica chi lavora e dove, bastano il direttore e l’editore che assumono, giudicano e licenziano».

Eh, sì, e la tutela della categoria?
«Per quella c’è il sindacato, non serve la camicia di forza!»

Dalla libertà di stampa

alla libertà della stampa.
«L’Ordine con il suo potere di disciplina serve solo a irregimentare chi fa il giornalista di mestiere, a mettere le mani sulla sua carriera e sulla sua libertà».

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