Caso Menapace riformisti nell’angolo

Arturo Diaconale

Ma dove erano i riformisti ed i moderati del centrosinistra quando Rifondazione comunista ha candidato la pacifista e l’antimilitarista Lidia Menapace alla presidenza della Commissione Difesa del Senato? Come i mafiosi descritti da Leonardo Sciascia, non c'erano. E se c’erano, dormivano.
Nessuno di loro si è preoccupato di rilevare che non era il caso di attribuire un ruolo istituzionale così delicato per le nostre Forze Armate ad una pacifista ed antimilitarista storica. In particolare a chi aveva definito i nostri soldati in Irak ed in Afghanistan «truppe d’occupazione», aveva chiesto l’abolizione della parata militare del 2 giugno, aveva dichiarato le «Frecce Tricolori inutili, costose ed inquinanti», si era praticamente espressa per lo smantellamento dell’Aeronautica militare e per l’abolizione dell’Esercito e non aveva mai sconfessato i manifestanti del «Dieci, cento, mille Nassirya».
Nessuno può dire che non siano mancati i segnali d’allarme sul nome della Menapace. Francesco Cossiga si è dimesso dalla Commissione Difesa ed è passato ad altra commissione motivando la decisione con l’imbarazzo di dover votare l’esponente di Rifondazione Comunista alla guida della Commissione Difesa di palazzo Madama. E lo stesso ha fatto Domenico Fisichella, deciso a non macchiare il proprio passato con un voto non in favore di una persona ma di una precisa linea politica espressione del pacifismo e dell’antimilitarismo più oltranzista.
In questa luce, quindi, la sconfitta della candidatura della Menapace non è stata solo una lezione per la maggioranza di governo e per la sua pretesa di fare il pieno di tutte le cariche parlamentari.
Ha costituito la cartina di tornasole della totale incapacità dei riformisti del centrosinistra di far valere le proprie ragioni nei confronti degli alleati della sinistra radicale ed antagonista.
Sarebbe bastato opporre il semplice buon senso alla manifesta provocazione di Rifondazione. Invece né buon senso, né una qualche considerazione di banale opportunità politica vista la difficile situazione dei nostri soldati a Nassirya, né tantomeno il rilievo che il pacifismo integrale e l’antimilitarismo massimalista non formano la linea ufficiale del governo ma solo di una sua componente, essenziale ma minoritaria.
I riformisti del centrosinistra hanno vergognosamente taciuto. Terrorizzati dalla paura di veder esplodere le contraddizioni esistenti all’interno della maggioranza sui temi della politica estera e della politica militare, si sono cuciti la bocca e si sono acconciati a votare per la Menapace pur di non irritare Rifondazione Comunista.
Per fortuna a cavare le castagne dal fuoco ci ha pensato il senatore Sergio De Gregorio.

Ma per Margherita e parte dei Ds, il colpo di mano della Cdl è giunto a frittata già fatta. Il caso Menapace ha dimostrato che la maggioranza è nelle mani della sinistra più estremista.
E che i riformisti ed i moderati valgono in termini politici meno di zero.

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