«Caso Telecom, Mancini vendeva segreti di Stato»

Gianluigi Nuzzi

da Milano

Dal 2001, dietro congrui compensi, alcuni 007 del Sismi hanno passato notizie riservate, coperte anche dal segreto di Stato, a manager della Telecom e all’agenzia «Polis d’Istinto» di Emanuele Cipriani. Un flusso informativo illegale che ha portato il gip Giuseppe Gennari a mandare in carcere Marco Mancini alto funzionario del Sismi e Giuliano Tavaroli, già responsabile sicurezza Telecom. Ai domiciliari, invece, Cipriani, già colpito da precedente analoga misura.
Le accuse più pesanti sono rivolte a Mancini. L’ex responsabile area centro nord del Sismi è accusato di aver riversato per quattro anni a Cipriani atti e notizie su addirittura 19 operazioni top secret compiute dagli 007 militari. Informazioni che lo stesso Mancini raccoglieva all’interno del Servizio, da sue fonti informative, dalle forze di polizia e da servizi segreti amici.
E non solo. Perché è accusato di aver dato a Cipriani anche 27 documenti classificati «segretissimo». I motivi? Tutti da chiarire. Gli inquirenti sospettano che Cipriani li rivendesse non solo a Tavaroli ma anche ad altri soggetti in corso di identificazione, determinando una crepa nell’impermeabilità indispensabile a un servizio segreto. Con fughe di notizie senza precedenti per la nostra intelligence.
Ecco i «molteplici profili di straordinaria gravità - indica il gip Gennari - dell’illecito commesso: ottenimento e divulgazione nel contesto di un’associazione criminosa, di dati riservati, patrimonio di conoscenza che dovrebbe essere circoscritto ad apparati istituzionali». Le operazioni oggetto di mercimonio indicano nomi di fantasia ed enigmatici più disparati. Da «operazione cestino» numero quattro, cinque e sei ad «Amman», «Cipro 2», «Boris», «Vietnam», sino a operazione «Security», «Iraniani Yadz», «Izmir», «Iraniani Pars». Ma c’erano anche quelle dai nomi suggestivi: «Macumba», «Palomba», «Pinolo» e «Mosca». Casi di spionaggio e controspionaggio industriale, analisi di situazione economiche in Paesi sull’asse Orientale.
Tavaroli avrebbe invece girato a Cipriani copia di un’informativa del Sisde sul Social Forum europeo che si tenne a Firenze nel 2002. Sul pericolo di disordini nella città toscana. E anche una scheda «strettamente riservato» datata 10/11/2002 nella quale, sotto «la dicitura appunto» e «composto di tre pagine», c’erano «informazioni su un dipendente della Pirelli in servizio presso lo stabilimento di Bollate in ordine alla sua militanza in organizzazioni della sinistra radicale». Per i tre l’accusa di associazione a delinquere. Erano gli organizzatori e i promotori, insieme all’investigatore privato Marco Bernardini. Un gruppo che sistematicamente compiva la rilevazione di notizie di cui è vietata la divulgazione, abusava delle strutture Telecom e Tim messe a disposizione da Tavaroli, violando i sistemi informatici delle forze dell’ordine. E si «appropriava indebitamente» di somme in danno di Telecom-Pirelli, azienda committente di Cipriani. Per quei denari che Mancini ricevette da Tavaroli e dal manager sicurezza Pirelli, Pierguido Iezzi, i tre sono anche accusati di corruzione. Per l’accusa Mancini «quantificava le somme di volta in volta anche secondo le spese sostenute per ricompensare a suo dire le fonti». Si partiva da mille euro per le notizie più generali sulle situazioni in Medio Oriente. E si saliva presto a 10mila e oltre.
Il mercimonio di informative d’intelligence avveniva grazie all’amicizia consolidata tra i tre arrestati e a un continuo e reciproco scambio di favori. Una cooperazione mutualistica tra i tre, una variegata commistione di interessi con Mancini che adoperava macchinari, dipendenti o collaboratori Telecom/Polis d’Istinto per operazioni coperte dei nostri servizi di sicurezza. Insomma, Mancini percepiva denaro da Cipriani, quest’ultimo riceveva le somme gonfiando le fatture che emetteva a Telecom. E il colosso della telefonia sborsava decine di milioni.
Un meccanismo perfetto. Ma illecito. Cipriani l’ha confessato. Mancini aveva nicchiato fino al 28 novembre quando si era presentato spontaneamente per rispondere alle contestazioni. Senza esito.

Dura la reazione dei difensori Luca Lauri e Luigi Panella: «Una misura grave e devastante, specie se si considera che segue un altro provvedimento del tutto ingiustificato come hanno dimostrato gli accertamenti immediatamente successivi».
gianluigi.nuzzi@ilgiornale.it

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