Il Cav scarica Gheddafi: non è un interlocutore

Il premier a Bruxelles concorda con gli alleati europei sulla richiesta di dimissioni del raìs, ma insiste: serviva più cautela. Per ora escluso un intervento militare nonostante le pressioni francesi e britanniche. Avvocati e giudici, ecco chi sono i capi della rivolta

Il Cav scarica Gheddafi: non è un interlocutore

nostro inviato a Bruxelles

«Avete visto che avevo ragione io? Avete visto che siamo stati troppo precipitosi?». Il vertice straordinario dell'Ue che formalizza la richiesta di dimissioni per Gheddafi è appena finito quando Silvio Berlusconi si ferma a parlare con alcuni dei capi di Stato e di governo presenti. E il premier italiano non perde l'occasione per sottolineare quel che già aveva fatto presente ai suoi colleghi negli ultimi giorni: l'Unione europea avrebbe dovuto avere un atteggiamento più prudente, soprattutto all'inizio della crisi libica, e concentrarsi sugli interventi umanitari come ha fatto l'Italia. Un ragionamento che, seppure con toni e sfumature diverse, il Cavaliere ripete anche davanti ai giornalisti. «Per l'Europa - spiega - Gheddafi non può essere più ritenuto un interlocutore credibile». Ed è per questo che «abbiamo invitato il Colonnello a recedere dalle sue posizioni». Chiedendogli ufficialmente, dirà più tardi il presidente dell'Ue Van Rompuy, «di dimettersi al più presto».
Una presa di distanze netta, anche se sulla scorta del documento approvato all'unanimità dall'Ue. Nel quale, oltre a disconoscere Gheddafi come interlocutore, Bruxelles legittima il Consiglio degi insorti di Bengasi. Nonostante gli ottimi rapporti tra il Cavaliere e il Colonnello («ci siamo sentiti solo una volta all'inizio della crisi», spiega il premier) l'Italia non può dunque che prendere le distanze da quel che sta accadendo in Libia. D'altra parte, anche Sarkozy ha avuto toni durissimi pur avendo qualche tempo fa aperto le porte del Louvre di Parigi all'ormai celebre tendone che Gheddafi si portava dietro nelle sue visite all'estero. Su un punto, però, Berlusconi non molla, convinto che tutta la partita libica sia stata decisamente malgestita dall'Ue. «Dal momento in cui qualcuno ha avanzato la proposta di sottoporlo al Tribunale penale internazionale - dice il premier - credo si sia radicata in lui l'idea di restare al potere e penso che ormai nessuno potrà fargli cambiare idea». È per questo, spiega Berlusconi, che «non credo che l'esilio sia più possibile». Un modo per dire che se si fosse usata più cautela forse una soluzione «pacifica» sarebbe ancora possibile. Anche se, va detto, fin dalla sua prima dichiarazione pubblica Gheddafi aveva detto chiaro e tondo che era intenzionato a «morire in Libia», chiudendo quindi le porte a qualsiasi transizione morbida.
Il documento approvato dai Ventisette, dunque, punta soprattutto sull'arma economica - con il congelamento di beni e quote azionarie della Libia - e sull'aiuto umanitario ai rifugiati. Capitolo caro a Berlusconi che concentra proprio su questo buona parte del suo intervento davanti ai colleghi europei: «Ho invitato tutti a seguire il nostro esempio e inviare ai profughi gli aiuti necessari. Spero che il mio appello venga accolto». Un intervento militare, invece, è per il momento escluso nonostante le pressioni di Sarkozy e Cameron. Passa, insomma, la linea di Germania e Italia (con il Cavaliere che incassa anche la «solidarietà» non scontata dell'Ue sull'emergenza immigrazione) che non hanno mai nascosto il loro scetticismo su una soluzione di questo tipo. Di raid aerei sulla Libia, dice Berlusconi, «non se ne è parlato». Mentre l'ipotesi di dar vita a una no fly zone non è citata nel documento Ue ma, spiega il Cavaliere, «siamo attenti a tutte le opzioni che si rendessero necessarie in accordo con Onu, Ue e soprattutto Lega Araba».

Quella di Bruxelles, insomma, è una lunga maratona diplomatica per molti versi interlocutoria. Dove alla fine l'Ue decide di prendere una posizione forte sulle sanzioni in attesa che si riunisca il Consiglio di sicurezza dell'Onu.

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