Tre casi diversi. Tre casi di tensione e disagi che scaturiscono dalla proliferazione di luoghi di culto irregolari a Milano. Ieri i cittadini hanno manifestato in via Cavalcanti, chiedendo che il rispetto delle regole valga per tutti, anche per l'associazione che utilizza un magazzino posto otto metri sottoterra. Oggi il bis in via Cosenza, dove un altro locale seminterrato è al centro di proteste già approdate in Consiglio di zona. Il terzo caso riguarda via Carissimi, dove tornano d'attualità i problemi legati alla preghiera islamica.
Alcune decine di persone ieri hanno manifestato in via Cavalcanti, dove ha sede l'associazione bengalese che è tuttora al centro del contenzioso sull'area che il Comune ha destinato moschea in via Esterle. Ma che succede in via Cavalcanti? Uno scantinato 8 metri sotto il livello del suolo (che secondo consiglieri di zona e residenti è accatastato come magazzino senza presenza di persone) viene utilizzato come moschea, molto frequentata peraltro. «Fosse anche un circolo culturale, non possono entrare persone - spiega la presidente del comitato Sicurezza e legalità, Cristina Cananzi - la legge deve valere per tutti. Se io aprissi un'attività senza permessi verrebbe chiusa, perché per loro non deve valere? Cosi non va bene, per un discorso di legalità e sicurezza, senza entrare nel merito di questioni politiche o religiose. Ci hanno detto sistemiamo tutto ma niente è stato risolto. Adesso si è mosso qualcosa, ma se quell'associazione avesse via Esterle, chi ci garantisce che lasceranno lo stabile di via Cavalcanti?».
Situazione simile in via Faà di Bruno-via Cosenza, caso sollevato in Zona dall'attuale candidato presidente Paolo Guido Bassi, che ha chiesto la chiusura del seminterrato. Oggi alle 12 è convocato un sit-in coi partiti del centrodestra: «Vogliamo tenere accesi i riflettori - spiega Bass - io avevo promesso che non mi sarei fermato alla bocciatura, assurda, della mia mozione. Il numero dei frequentanti intanto è aumentato». La presidente di zona 4, rispondendo a Bassi, aveva affermato che anche dopo i «controlli diretti dovuti a denuncia da parte di terze persone», le forze dell'ordine «non hanno riscontrato irregolarità e hanno accertato la liceità dell'associazione». Ora una sentenza dà torto ai ricorrenti sulla pericolosità imminente del caso, ma il magistrato riconosce che nel condominio una moschea non ci può stare».
Sale intanto la preoccupazione anche in via Carissimi, dove Federico Illuzzi (Milano popolare) riferisce della presenza, nei venerdì di
preghiera, di quasi 200 persone: «C'è un problema sicurezza di cui il Comune non si occupa. I cittadini non vogliono esporsi ma sono preoccupati. E segnalano i lavori in corso in uno stabile vicino, della stessa proprietà».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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