Le cellule femminili sono più resistenti e diventano cannibali per sopravvivere

Lo studio congiunto tra L'Istituto Superiore di Sanità (ISS) e l'Università di Sassari evidenzia le differenze tra le cellule che costituiscono il corpo dell'uomo e quelle della donna. Uomini e donne hanno quindi un rischio diverso di contrarre certe malattie.

Le donne vivono di solito più a lungo e anche in uno stato di salute migliore rispetto agli uomini. Ora uno studio rivela che questa maggiore resistenza del sesso definito "debole" fino a poco tempo fa ha inizio nell'unità biologica fondamentale.
Le cellule femminili infatti si adattano di più e riescono a sopravvivere meglio di quelle maschili se vengono sottoposte a stress di diverso tipo sia ambientale sia farmacologico. É la conclusione alla quale è arrivato lo studio congiunto tra L'Istituto Superiore di Sanità (ISS) e l'Università di Sassari. La ricerca evidenzia le differenze tra le cellule che costituiscono il corpo dell'uomo e quelle della donna. Diverse non soltanto per quanto riguarda i cromosomi ma anche per quando riguarda il loro destino.
Uomini e donne hanno quindi un rischio diverso di contrarre certe malattie. Una scoperta che mette in luce la necessità di un approccio nuovo, di genere appunto, da parte della ricerca e della medicina. Soltanto se la ricerca scientifica si adegua e adotta un approccio di genere potrà offrire cure più appropriate.
Con questo obiettivo l'ISS, grazie ai fondi del Ministero della Salute, ha avviato il progetto strategico, ovvero La medicina di genere come obiettivo per la sanità pubblica: l'appropriatezza della cura per la tutela della salute della donna. Un progetto ambizioso ammette il presidente dell'ISS Enrico Garaci, il cui obbiettivo è quello di studiare «le differenze non soltanto fisiologiche ma anche sociali e psicologiche tra uomini e donne».
«Abbiamo la certezza scientifica della differenza degli organismi sotto il profilo ormonale e genetico e delle risposte diverse alle terapie. -dice Garaci- Basti pensare che le reazioni avverse ai farmaci nelle donne concorrono al 6 per cento delle ospedalizzazioni. L'obiettivo oggi è capire come impattano le terapie farmacologiche sugli uomini e sulle donne per ottenere una cura più appropriata e un risparmio di costi per il Servizio Sanitario Nazionale».
Uno dei risultati del progetto ha rivelato che le cellule maschili (XY) hanno un comportamento stereotipato. Infatti, sotto stress ambientale e farmacologico non riescono ad adattarsi per cui evolvono verso la morte cellulare (apoptosi). Le cellule femminili hanno invece una maggiore plasticità e sono capaci di adattarsi di più e meglio. Infatti, possono riorientarsi e cambiare forma senza perdere la loro vitalità e la loro energia. Pur di sopravvivere le cellule femminili sono capaci di diventare "cannibali" arrivando addirittura a mangiare alcuni loro componenti, fenomeno definito autofagia per ricavare fonti energetiche per sopravvivere. In definitiva le cellule femminili sono più oculate perché non sprecano nulla di quello che può essere riciclato.
Lo studio però dimostra anche un altro fatto importante. I risultati della ricerca scientifica non possono esserer trasferiti da un sesso all'altro. «Le cellule maschili, infatti, evolvono verso la morte programmata mentre quelle femminili vanno verso la senescenza e ciò indica che le cellule femminili hanno una maggiore capacità di adattarsi all'ambiente.- spiega Monica Bettoni, Direttore Generale dell'ISS - Questa ricerca, e ne siamo fermamente conviti, porta all'appropriatezza della cura evitando l'errore in medicina. L'appropriatezza della cura è il solo modo di arrivare al risparmio equo per il sistema sanitario».
Anche l'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) si è occupata di medicina di genere, mettendo in evidenza come «i luoghi scelti, i metodi usati e le analisi dei dati riflettono una prospettiva maschile in molti campi importanti.

Laddove le stesse patologie colpiscono sia gli uomini che le donne, molti ricercatori hanno ignorato le possibili differenze tra i sessi rispetto agli indicatori diagnostici, ai sintomi, alla prognosi e alla effettiva efficacia dei diversi trattamenti. Fintanto che i ricercatori continueranno ad usare come modello gli uomini, le cure mediche delle donne continueranno ad essere compromesse».

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