Chailly: «Non voglio che la Scala diventi un teatro sperimentale»

Il Generalmusikdirektor di Lipsia domani al Piermarini con la Filarmonica: largo ai giovani, ma con giudizio

Elsa Airoldi

I nomi sono pochi. La curiosità tanta. Così tutte le volte che Riccardo Chailly, il più gettonato e forse scontato nella rosa degli aspiranti direttori musicali della Scala torna dalle nostre parti, viene controllato a vista. Anche perché all'idea, attendibilmente allusa, di Daniel Baremboim, sono in pochi a crederci. Chailly è al Piermarini per un concerto. Il primo dopo nove anni. Il sinfonico fa parte di una serie di progetti. Per il teatro, dopo il recente Rigoletto, il direttore milanese ha nelle mani la prossima apertura di stagione con Aida e una Manon Lescaut per il 2007/8. Per le Celebrazioni Pucciniane (Bruno Ermolli) impegni a Lucca. Per la Filarmonica, dopo l'appuntamento di lunedì, il Festival di Bergamo e Brescia e un tour nel Regno Unito e in Irlanda.
Intanto lui è sotto contratto a Lipsia, il cuore di un Paese che ti abbraccia con la musica. «Non ha idea della sensazione che si prova in quella piazza, avvolti dalle radici più antiche: qui il Gewandhaus, di fronte il Teatro dell'Opera, di lato la Thomaskirsche. E io sono il responsabile di tutti i settori. Inclusi i complessi da consegnare al repertorio sacro che, con ferrea e teutonica disciplina, è solidamente nella mani del Thomascantor Biller. Magari ci fossero passione e denaro per realizzare anche qui qualcosa di simile».
«Ma lei non ha la nostalgia di casa?». Alla domanda, sin troppo trasparente, non risponde. Tuttavia l'impegno con Lipsia scade il 2010. Insomma al momento giusto. Il problema Scala è un «non problema». Adesso è presto per pensare a una guida stabile dell'orchestra. Che comunque dovrà esserci. Italiana? Non necessariamente. Del resto lui stesso è stato il primo non olandese del Concergebouw di Amsterdam e il primo Generalmusikdirektor non tedesco di Lipsia. Ma la Scala ha una grande tradizione, un repertorio, una sua configurazione culturale e persino psicologica. Il responsabile dell'orchestra deve esserne partecipe.
Chailly pensa che aprire le porte ai giovani direttori sia segno di intelligenza. «Purché la Scala non diventi un teatro sperimentale». Puccini è un suo autore prediletto. Chiediamo perché lo ami tanto. «Era geniale, colto, andava ad ascoltare Schönberg e Stravinskij. Senza di lui non esisterebbe l'orchestrazione moderna». Il programma del concerto di lunedì prevede Cinque Messaggi per la regina di Saba di Henze, estrapolazione d'autore dall'opera Upupa (Salisburgo 2003). Una prima italiana. Henze, amico di Chailly sin dai tempi del Cantiere di Montepulciano, festeggia gli ottanta. Seguono il II Concerto per piano e orchestra di Rachmaninov, che mancava da vent'anni, e il Sacre di Stravinskij. Il Rach due( quello di Shine era il III) è la colonna sonora di due film, Breve Incontro e Quando la moglie è in vacanza.
«Che ne pensa di queste contaminazioni?». «Sono lecite se funzionali e alla pari». E cita l'Adagietto della V di Mahler adottato da Visconti in Morte a Venezia. E anche quel Šostakovic diretto da lui che Kubrick gli chiese per aprire e chiudere Eyes Wide Shut (dal Girotondo di Schnitzler), il suo ultimo film. «In Šostakovic significava la morte di un mondo, in Kubrick la fine di un erotismo».

Lang Lang, il caso '99 del Ravinia Festival, solista in Rachmaninov, è il pretesto per alcune considerazioni sugli artisti orientali: «Hanno dimostrato di essere perfettamente compatibili con le nostre arti. La Cina, il Paese in maggior evoluzione, ci riserverà ancora molte sorprese anche nel campo della musica».

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