CHE INCUBO LA CROCIERA VISTA IN TV

L’altra sera ho visto un reportage sulle crociere che mi ha fatto passare la voglia di andare in crociera, e non so se la stessa impressione è stata condivisa da altri telespettatori del documentario che Emilia Brandi ha preparato per una puntata estiva de La storia siamo noi (martedì su Raidue, ore 23,30). Non che il reportage fosse fatto male, tutt’altro: ci informava su un tipo di turismo che è in costante espansione, con quote di mercato che aumentano ogni anno, con 13 milioni di viaggiatori nel mondo che hanno passato le loro vacanze su una nave nel 2005, con un’industria cantieristica che ha ripreso vigore, dopo la crisi degli anni ’70, proprio grazie alla necessità di sfornare nuove navi da crociera (sempre più grandi) in grado di soddisfare una clientela emergente che non vede più questo tipo di vacanza come un sogno lontano e irraggiungibile ma come un’opportunità sempre più a portata di mano. Accanto a queste «crociere di massa» su navi da oltre 2000 passeggeri il reportage ci faceva toccare con mano anche la nuova moda delle crociere di lusso per poche centinaia di selezionati clienti, altro fenomeno parallelamente in crescita, su navi di tonnellaggio ridotto in grado di fare scalo in porti più piccoli e meno battuti dalle rotte tradizionali, dotate di scuole di golf e di alta cucina. La panoramica sul boom della vacanza in crociera era insomma abbastanza completa (se si eccettua la carenza di informazioni sui prezzi, forse difficili da sintetizzare compiutamente), eppure le immagini scelte per illustrarci la vita da crociera e una certa insistenza sulle sue «controindicazioni» davano l’impressione che i curatori del documentario non amassero molto questo tipo di vacanza, o che magari, chissà, si siano voluti inconsapevolmente «vendicare» di qualche difficoltà di troppo sostenuta nel corso del loro lavoro. Fatto sta che nella scelta delle immagini da montare ne sono finite molte assai poco invoglianti: code ai buffet, assembramenti in piscina, pigia pigia al momento di fare scalo nei porti, con corollario di interviste (a esponenti dell’equipaggio e anche a semplici viaggiatori) in cui non mancavano accenni ripetuti sulla quantità abnorme di cibo a disposizione dei clienti, sulla loro ingordigia nel riempirsi i vassoi oltre ogni ragionevole necessità, sull’animazione incessante e sulla musica non stop suonata sulle navi.

Né le cose andavano meglio quando si passava sulle navi extra lusso, fotografate in modo da farne emergere, più che altro, l’aristocratica freddezza. Tutto questo va a merito del «taglio critico» del reportage, ammesso che l’intenzione di partenza fosse questa. Certo è che si è scelto un modo assai singolare per rendere conto del boom delle vacanze in crociera.

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