RomaLa migliore delle battute è arrivata da Prodi. «Rutelli va via? Non dimentichi lombrello». Continuazione logica del tempo in cui Francesco era semplicemente «nu bello guaglione».
Lacidità di stomaco del centrosinistra nei confronti dellex radicale, ex verde arcobaleno, ex laico Rutelli, al di là del motivo contingente, batte però dove il dente duole. Di quante legioni di voti può disporre Rutelli? Quali categorie socio-cultural-politiche rappresenta? Detto alla Alberto Sordi, suonerebbe come la celebre canzoncina di Polvere di stelle: «Ma ndo vai, se la banana non ce lhai?». Domanda per nulla innocua, cui Rutelli continua a rispondere mescolando le carte: parla di «tragitto diverso», di «persone diverse», di uscita «dai vecchi binari». Capolinea obbligato: «Vado al Centro, con Casini».
Ci si augura che abbiano il permesso per le zone riservate, e «storiche». Sarebbe ora, infatti, che sia Rutelli che Casini gettassero la maschera per ammettere quello che anche i bambini sanno: il Centro politico non esiste. È, appunto, un reperto della storia, e come tale andrebbe studiato. La «distorsione» risale al Dopoguerra, quando le responsabilità del Ventennio fascista resero la parola «destra» una bestemmia o quasi. Cera un Paese da ricostruire, materialmente e moralmente. Un delicatissimo ruolo internazionale da svolgere, una fragile pacificazione nazionale da preservare. De Gasperi coniò - e Moro a lungo perseguì - quella linea strategica che vedeva la Dc «partito di centro che guarda a sinistra». Formula bizantina ma efficace: teniamo a bada la rivoluzione rossa, ma non siamo di destra né «fascisti».
Lescamotage non impedì però alla Dc di interpretare il ruolo di destra moderata, conservatrice, cattolica e non confessionale, indotta a forte pragmatismo (dunque a molte concessioni consociative) dallo scacchiere internazionale diviso in «blocchi». Tanto contò la realpolitik filoatlantica, che molti studiosi (e molti dei leader della Prima Repubblica) ritengono assodato il legame tra la caduta del Muro e lo scoppio di Tangentopoli. Nel senso che il Paese, ormai poco rilevante come «portaerei nel Mediterraneo» (Bush senior dixit), poteva lavarsi i panni sporchi senza sconvolgere il quadro internazionale.
Quello che seguì, in particolare la fine della Dc, rese evidente lequivoco di fondo. Quel che rimaneva della sinistra dc cercò protezione sotto la Quercia di Occhetto; gli «altri», gli eredi della maggioranza, fondarono il Ccd, il Cdu e infine lUdc. Se non si coglie - o si nasconde - questo nesso, si confonde ogni cosa. La ragione storica, programmatica e statutaria dellesistenza dellUdc sta nel suo essere «destra», al pari di Forza Italia e An. Se non bastassero le alleanze elettorali e i governi succedutisi, si guardi al corpo elettorale «udicino», che mostra la medesima composizione sociale, economica e politica del Popolo della libertà.
Se non è facile ricordare la storia, almeno si rammenti la cronaca. Quella di Casini non è - e soprattutto non è percepita dagli elettori - come una posizione ideale «diversa» dal Pdl. È una specie di «libera uscita», motivata pubblicamente da forti dissapori nei confronti di Berlusconi e della Lega, questo sì un partito che sfugge del tutto alle categorie sinistra-destra-centro come delineate nel passato. Prima o poi, terminata la «cattività avignonese», Casini tornerà nel naturale recinto. Non è detto che gli venga immolato il vitello grasso.
Ecco perché, in barba alla ragion logica, lUdc può spendere al mercato dei due forni persino lipotesi della «strana alleanza» con il Pd di Bersani (e con Di Pietro, Pierfurby come la mette?). Un bluff clamoroso e, se non lo fosse, gli elettori casiniani (talora casinisti, talaltra incasinati dagli stessi capi) fuggirebbero a gambe levate.
Rutelli, che di elettori ne ha pochi o punto, può invece permettersi di dire che sarà «al servizio di una nuova offerta politica», precisando che non sarà «colui che la incarna o rappresenta». Il gioco è evidentemente viziato. O Rutelli va a destra con Casini, ma non ha il coraggio di dirlo; oppure - e siamo molto vicini alla realtà - il tentativo dei «tecnocrati» (Luca di Montezemolo? Draghi?) troverà la sponda di Casini e Rutelli per poter «parlare» al popolo e scippare il governo a Berlusconi. Fantapolitica? Si vedrà. Di certo ha il sapore della bufala la pietanza messa in tavola dellex Piacione: lasciare il Pd per farci lalleanza il giorno dopo.
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