La Chiesa al femminile del Veneto bianco

Il vescovo Mattiazzo inaugura il ruolo delle «diaconesse»

Andrea Tornielli

da Padova

Il Veneto «bianco» e cattolico è all’avanguardia nella promozione del ruolo femminile nella Chiesa: se a Vicenza stanno per arrivare le suore incaricate di supplire al parroco, nella diocesi di Padova sono state istituite le «diaconesse». Sono donne che, pur senza vestire l’abito religioso di un determinato ordine hanno emesso i voti di obbedienza, povertà e castità. E sono state così consacrate come «collaboratrici apostoliche diocesane». Un «carisma» speciale, pensato dal vescovo della città veneta Antonio Mattiazzo «per dare una risposta alle nuove esigenze di spiritualità che emergono dal territorio».
Ruolo e compiti di questa nuova forma di servizio sono messi nero su bianco dalla diocesi di Padova: «È una forma di diaconia femminile ispirata al Vangelo. Le collaboratrici apostoliche assumono la diaconia apostolica come progetto di vita accolto, approvato e orientato dal vescovo». Tra i compiti a cui sono chiamate le «diaconesse» c’è l’annuncio della Parola, l’educazione alla fede, le opere di carità al servizio dei poveri, la distribuzione della comunione, l’animazione della liturgia, o la gestione di strutture come scuole e istituti. «Le collaboratrici apostoliche diocesane collegano la professione dei consigli evangelici con il servizio della collaborazione al ministero pastorale del presbitero diocesano, svolto su esplicito mandato del vescovo, come i sacerdoti e i diaconi fanno promessa di obbedienza».
Finora le «diaconesse» già consacrate sono cinque, altre sette stanno seguendo un cammino di formazione per diventarlo. Una delle prime è stata Virginia Kaladich, 48 anni, padovana. «Sentivo l’esigenza – ha dichiarato al Corriere del Veneto – di donarmi alla Chiesa e ne ho parlato con il vescovo Mattiazzo. Il mio era un anelito alla chiesa locale, diventare suora non mi avrebbe dato quello che cercavo, l’esigenza era di un carisma diverso, l’ho trovato in questa nuova forma di consacrazione, una diaconia al femminile. Sì, mi sento una diacona, nel senso del “servizio”. Servo la chiesa di Padova». Virginia dirige una scuola a Monselice e si occupa della segreteria di una fondazione diocesana. «Noi a differenza delle suore non abbiamo l’obbligo della vita in comune e ci sosteniamo con il nostro lavoro».
Il ruolo delle «diaconesse» non è però equiparato a quello dei diaconi. Il diaconato, infatti, come ha ribadito anche l’ultimo concilio, è un sacramento e costituisce il primo dei tre gradi dell’ordine sacro. Agli inizi del cristianesimo è esistita una diaconia femminile (della quale parla anche san Paolo) ed è documentato che nel III secolo in Siria esistevano delle diaconesse che aiutavano il sacerdote nel battezzare le donne. Un ruolo attestato anche nelle Costituzioni apostoliche del IV secolo, che parlano di un apposito rito di consacrazione, distinto però da quello dei diaconi maschi. Dalle testimonianze più antiche risulta infatti che le diaconesse si limitavano ad essere «aiutanti»: proprio il compito affidato oggi alle consacrate padovane, che non va dunque confuso né può essere in alcun modo equiparato al diaconato ordinato maschile.

Proprio per evitare confusioni, nel settembre 2001, l’allora Prefetto della dottrina della fede Joseph Ratzinger, insieme ai «colleghi» porporati Medina Estevez (Culto divino) e Castrillón Hoyos (Clero) aveva firmato un documento, approvato da Papa Wojtyla, nel quale si afferma che «non è lecito porre in atto iniziative che in qualche modo mirino a preparare candidate all’ordine diaconale».

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