La città metropolitana taglierebbe le spese di 134 Comuni milanesi

È dal 1926 che si parla di riorganizzare il territorio. Ma come per le Province manca la volontà politica

Come dell'abolizione delle province, anche della nascita delle città metropolitane, previste in Costituzione dal riformato Titolo V, si parla da anni. Ma naturalmente tutto viene sempre rimandato ad un sempre futuro «più ampio disegno». È una forma del famoso «benaltrismo» italiano: c'è sempre «ben altro» da fare, qualcosa di più importante, di più ampio, di più organico, di più urgente per certi politici che, ignorando il principio caro alle nostre nonne per cui il meglio è nemico del bene, hanno così un ottimo prestesto per rimandare sempre tutto alle calende greche. Semplicemente per non fare. Ma basti pensare che di una necessità di governo del più ampio territorio milanese si parlava già nel bando di concorso per il piano regolatore del 1926 e che il Pim, Piano intercomunale milanese, primo generoso tentativo di dare almeno un cordinamento all'area metropolitana, nasce del 1951, alla vigilia del boom economico. Non dovrebbe essere neppure necessario ripetere che funzioni e servizi come l'urbanistica, i trasporti, l'ambiente e la sicurezza sarebbero più efficacemente gestite in una dimensione metropolitana coincidente con l'attuale provincia. Ma oggi si parla soprattutto di risparmi. È per questa ottima ragione che si torna a chiedere l'abolizione delle province. Ebbene, dovrebbe essere chiaro per tutti che il governo delle funzioni fondamentali di un'area vasta comporta certamente delle economie rispetto al governo scoordinato di decine di piccoli territori (i comuni del Milanese sono 134). A questo punto generalmente c'è sempre qualcuno che pone il problema della scrosanta identità: che ne sarà, poveri loro, dell'identità storica e culturale di Calvignasco e Zelo Surrigone? Come tuteleranno le loro tradizioni Culturano e Casarile? Ma soprattutto, il dubbio più angoscioso: che fine faranno sindaci, assessori e consiglieri comunali dei centri annessi alla ingorda Milano? Niente paura, non si tratta di una annessione alla ingorda Milano ma della creazione di un governo sovracomunale, metropolitano, appunto, al quale trasferiere funzioni e servizi meglio gestibili a quel livello. Secondo il progetto, anzi, pure le zone del decentramento milanese dovrebbero assumere i residui poteri dei comuni. Quindi niente paura, amici di Zelo Surrigone, non perderete la vostra identità municipale. In attesa del «più ampio disegno» e forse sperando riuscire a farne a meno, l'ex sindaco Moratti e il presidente della Provincia Podestà, della città metropolitana parlavano, preparando un loro progetto. Ora il fatto che le due amministrazioni abbiano due diversi colori complica ulteriormente le cose, proprio quando diventa più importante e urgente concludere; proprio metre si torna a proprorre con inisistenza l'abolizione delle province.

Ma d'altra parte, che interesse può avere per la dimensione metropolitana di Milano un'amministrazione strapaesana come quella di Pisapia che, ad esempio, per accontentare i suoi elettori e non costruire un parcheggio sotterraneo, arriva a definire la normalissima piazza Lavater, «un luogo simbolo della città»? Simbolo, semmai, della volontà di bloccare tutto e non fare nulla.

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