IL CODICE E IL CORANO

Giuseppe Pisanu ha la capacità di dare articolazione politica e giuridica convincente alle idee cui ogni persona di buonsenso è individualmente arrivata. Si è detto contrario a scuole islamiche autonome, non gli piacciono forme di educazione parallela che secondo chi le sponsorizza dovrebbero assicurare spazi di libertà agli immigrati. E che invece, secondo chi non le sponsorizza, gli spazi di libertà li renderebbero più angusti, ghettizzando gli immigrati, ghettizzando i loro figli, rinchiudendo gli uni e gli altri in un universo sociale e culturale separato, o piuttosto ostile. Può darsi che gli appelli per il riconoscimento - e per uno status paritario - di queste scuole a sfondo religioso vengano da molti che credono sinceramente in una integrazione ottenuta dividendo. Cosicché le battaglie per il chador sarebbero la premessa di conquiste democratiche.
La maggioranza degli italiani e degli europei - al cui fianco sono schierati parecchi islamici che non hanno rinnegato la terra di origine, ma rispettano e amano la terra di adozione - è per un abbraccio agli stranieri che lo meritano, non per un’abdicazione alle pretese dei più arroganti fra loro. Se ci si rassegna a queste pretese vengono spalancate le porte non alla libertà, ma all’odio. Perché - diciamolo schiettamente - agli imam che vogliono le scuole islamiche non passa nemmeno per la testa di predicare convivenze pacifiche tra i popoli e tra le religioni. Predicano l’esigenza che i dettati della loro religione diventino legge, come del resto è previsto, benché con qualche attenuazione, nella nuova Costituzione irachena. Coloro che l’Italia ospita e a cui dà lavoro devono capire che i codici sono una cosa e il Corano è un’altra cosa (lo è anche il Vangelo pur tanto radicato nel sentimento e nel costume nazionale).
Non sono, queste, fisime di nemici dell’Islam. «Non posso fermare i martiri» si è giustificato Bouriqi Bouchta, l’imam rispedito in Marocco da Torino, dove si esibiva in discorsi incendiari. Invece i kamikaze, prodotto di un culto spaventoso della morte, di un indottrinamento maniacale, di un fanatismo delirante non esisterebbero senza certi maestri e certe scuole. È stata denunciata la responsabilità enorme delle scuole palestinesi nell’allevare e formare i ragazzini e le ragazzine che, gonfi di passioni demenziali, animati da una feroce volontà di sopprimere il diverso, lo straniero, peggio ancora l’ebreo, si fanno saltare in aria. Questi stragisti sono usciti da accademie dell’odio che si chiamano scuole islamiche, vi hanno studiato testi che incitano a cancellare Israele e l’infedele dalla faccia della terra. La religione islamica dev’essere onorata, le convinzioni di chi la professa rispettate. Ma né quella religione né quelle convinzioni devono entrare in conflitto con la legge italiana.
Ha ragione Pisanu, niente educazione parallela. Le convergenze parallele sono esistite nel linguaggio criptico di Aldo Moro; tra cittadini italiani e stranieri e lo Stato italiano la vera convergenza è quella della legge. Intendiamoci, non sottovaluto i problemi organizzativi e didattici posti dall’assorbimento di bambini e ragazzi islamici nelle scuole pubbliche italiane.

L’Italia, mentre impone la frequentazione delle sue scuole, ha il compito di provvedere che in queste stesse scuole i bambini e ragazzi islamici non soffrano disagi e discriminazioni. Aiuto, solidarietà, anche affetto. Ma nessuna Caporetto storica, culturale, religiosa, nei confronti di chi lancia proclami d’aggressione e di vittoria.

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