RomaUn passo avanti? Sì, ma è come passare dalla brace nella padella, dallinferno al purgatorio. Insomma, se la sconfitta col Galles (20-15) è un bicchiere mezzo pieno, possiamo vedere i progressi di una nazionale che fino a ieri sembrava allo sbando, dentro e fuori dal campo, ma se è un bicchiere mezzo vuoto, dobbiamo annotare un altro rovescio nella lunga sofferenza che ci sta portando verso il cucchiaio di legno 2009, unaltra partita senza meta che consegna a questa Italia del rugby una fama di eterna sconfitta che sicuramente non aiuta il mondo ovale a rialzare la testa.
Di buono cè indubbiamente unItalia che non è quella delle uscite precedenti, non è né quella schiacciata dallIrlanda, né tanto meno quella inguardabile di Edimburgo. Al Flaminio questa volta si vede un quindici apprezzabile nella capacità di ricompattarsi, di ritrovare un minimo di gioco, addirittura di dominare il Galles nel possesso di palla (soprattutto nel primo tempo) piazzandosi quasi costantemente nella metà campo avversaria. Certo, poi resta la cronica incapacità di andare in meta (una sola realizzata in quattro partite di questo Sei nazioni), nemmeno quando gli avversari sono schiacciati a pochi metri dalla linea impossibile, come accade alla fine del primo tempo in un assalto nato da una mischia a 5 metri e finito con uno sciagurato drop tentato da Marcato. Unazione che avrebbe potuto portare gli azzurri sul 16-7 e che invece manda tutti allintervallo con due soli punti di vantaggio che certo non fotografano la superiorità italiana dei primi 40 minuti.
Ma se alla fine del primo tempo i tre calci piazzati da Marcato nella porta gallese ci consentono di vanificare la meta firmata da Shane Williams nellunico attacco degno di nota dei Dragoni, alla fine le punizioni non bastano per superare un Galles in formato turnover, che ha preso probabilmente un po sotto gamba la gita romana, ma che resta pur sempre la squadra campione in carica, lanciata verso un bis non impossibile.
Ha ragione Sergio Parisse quando ricorda questo particolare per addolcire la sconfitta: «Loro sono i vincitori dellultimo Sei Nazioni e noi arrivavamo da tre sconfitte e da una settimana difficile, fatta anche di polemiche che non ci hanno aiutato. Abbiamo giocato bene, con i trequarti e con i mediani, ma resta il fatto che non possiamo essere contenti, perchè alla fine abbiamo portato a casa unaltra sconfitta». Conclusione sottoscritta dal ct Nick Mallett che non sa se essere «orgoglioso per la reazione della squadra o deluso per quella meta concessa nel finale». Già, quella meta di Shanklin, tenuto in panchina dal ct Gatland fino a dieci minuti dalla fine e buttato dentro giusto in tempo per ribaltare la partita, praticamente con la seconda palla che si trova tra le mani: in superiorità numerica, a due passi dalla linea di meta, basta una finta per beffare la difesa azzurra e portare il Galles dal 13-15 al 20-15 che chiude ogni discorso.
Gli ultimi nove minuti potrebbero ancora essere sufficienti per sistemare le cose, ma ormai non ci sono più energie. Quando si comanda per 70 minuti e si ricavano solo 5 punizioni da mettere tra i pali, è difficile arrivare in meta nel momento in cui cala anche la lucidità.
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