«Compro oro», quel business da 7 miliardi che fa gola alla criminalità

Sono 20mila i punti di scambio in Italia, con una crescita del 22,5 per cento. Alti i rischi di ricettazione, riciclaggio abusivismo. La direttiva europea non basta: le associazioni Anopo e Aira in campo per chiedere una nuova legge

Il giro d'affari medio di un classico negozio «Compro Oro» si può stimare attorno ai 300mila-350mila euro annui; se si considera che oggi i punti di scambio in Italia sono circa 20mila possiamo raggiungere un business potenzialmente illegale pari a 7 miliardi euro. Ed è una cifra che fa gola alla criminalità organizzata. Venerdì a Roma se ne è discusso con Anopo, l'Associazione nazionale operatori professionali oro, in collaborazione con Aira, l'Associazione italiana responsabile antiriciclaggio.
Non è semplice approfondire e indagare la realtà del mercato dell'oro e i traffici illeciti che potrebbero ruotare intorno. Nonostante vi sia una legge che regolamenta il mercato, la «Nuova disciplina del mercato dell'oro, anche in attuazione della direttiva 98/80/CE del Consiglio» emanata con una legge del 2000, i punti non rispettati sono molti. Il decreto antiriciclaggio prevede, infatti, per gli operatori in oro solo uno dei tre presìdi fondamentali alla lotta al riciclaggio: la segnalazione di operazioni sospette.
Negli ultimi anni si è assistito ad una affermazione massiccia su tutto il territorio nazionale di questo genere di negozi presso i privati. Nulla vieta, anche al titolare di una ditta individuale, di acquistare oreficeria per poi successivamente rivenderla, sia all'ingrosso che al minuto, fermi restando i «paletti» imposti dalla Legge 7/2000. Purtroppo però, moltissimi gestori di questi negozi, assumono in toto le funzioni e le competenze commerciali proprie di un operatore professionale, pur non rispettando minimamente i requisiti imposti dalla legge, operando quindi in modo del tutto abusivo.
«Anopo - sostiene il rappresentante legale Daniele Bertaggia - lamenta il fatto che venga continuamente violata la legge sia civile che penale, sottoposta a sanzioni anche gravi, da sei mesi a quattro anni, e si auspica un maggior controllo dall'autorità preposta». «Ci si trova davanti ad una filiera di commercio illegale - conviene Andrea Zironi, presidente di Anopo -. La nostra professione è messa a rischio, nonostante le norme vigenti, i "Compro oro" e le attività che non rispettano i requisiti imposti dalla legge commercializzano prodotti per fini industriali provenienti da situazioni ambigue, non rispettando il prezzo stabilito dal mercato, non rilasciando scontrini fiscali, non documentando il traffico ne le operazioni effettuate. Una situazione che avvantaggia, quindi, l'illegalità». Per questo Anopo chiede alle autorità una maggiore regolamentazione e vigilanza.
Anche l'Aira, in qualità di associazione che rappresenta le esigenze dei Responsabili antiriciclaggio anche in sede normativa, si impegna a studiare il fenomeno che è salito agli onori delle cronache per un incremento esponenziale pari al 22,5% su scala nazionale.

Ranieri Razzante, presidente Aira, anticipa: «Verrà vagliata la possibilità di proporre alcune osservazioni sin dall'immediato a partire dall'ormai prossima consultazione pubblica ufficiale sul "Provvedimento di attuazione del decreto legislativo 231/07 in materia di adeguata verifica ai fini dell'antiriciclaggio" previsto per ottobre, per chiedere chiarimenti alle autorità di riferimento per la verifica, attualmente non prevista per gli operatori professionali in oro, e per richiamare l'attenzione sollevando un dibattito sull'opportunità di modifiche alla normativa attuale». Perché a volte l'oro sì luccica, ma è poco trasparente.

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