Congo: a Goma il genio del web ha 8 anni, ed è figlio di un Re

A scuola di computer dai salesiani; un sogno, diventare ingegnere

Internet fa proseliti anche nel cuore dell'Africa, quella dove l'emergenza è endemica ed un pc, così come l'elettricità, è un lusso per pochi. Ha appena 8 anni, si chiama Bahati (Buona fortuna, in swahili, principale lingua congolese) ed ha una passione ricambiata per il web. Con una lungimiranza insolita vista l'età, Bahati Kahindo - figlio di un re di Walikale, villaggio nell'hinterland di Goma (la parte orientale della Repubblica democratica del Congo, ricchissima di minerali, dove si vive però con un dollaro al giorno) ha deciso che doveva assolutamente imparare a navigare su Internet. A dare a Bahati la chiave per aprire la porta di un futuro inaspettato sono stati i salesiani del Centro sociale Don Bosco di Ngangi, che dal lontano 1989 sorge alle pendici dell'inquieto vulcano Nyiragongo. Lo stesso che nel 2002 distrusse gran parte di Goma, lasciando solo neri fiumi pietrificati e neanche un mese fa ha fatto temere il peggio. Raccolta la voce che nel centro era nata un'aula di informatica con ben 18 computer a disposizione per i ragazzi, Bahati non ha avuto un attimo di esitazione: ha lasciato il villaggio e si è presentato a scuola. Immediata è scoccata la scintilla con il maestro. «Ho capito subito che era un piccolo genio con tanto intuito», racconta Massimo Cimicchi, di Orvieto, ex docente universitario di informatica da un paio d'anni prestato all'Africa. Mentre il maestro parla di lui, Bahati, intimidito tiene gli occhi bassi e si contorce nervosamente le dita, ma appena gli si chiede di accendere un pc si illumina in volto. Fa scorrere il mouse veloce, con destrezza. E in un batter d'occhio, tra gli sguardi ammirati degli altri allievi meno dotati, entra nella galassia della Rete che per lui non ha più segreti. «È il primo ad arrivare in classe, non perde una lezione. Neanche di domenica. È curioso, intelligente. Va benissimo a scuola e quando viaggia su Internet a volte devo tenere a freno la sua voglia di sperimentare», dice di lui il maestro. Ma i sogni di Bahati, così come quelli di tutti gli studenti del Don Bosco (35.000 giovani formati professionalmente in 12 anni di attività), meritano di non morire solo perchè un progetto scade. Per questo, l'ingegnere di Orvieto, in vista della fine dei fondi per la sua aula, il prossimo giugno, ha avuto un'idea. E l'ha messa in pratica. «Ho sviluppato un programma di autofinanziamento per trasformare il corso di informatica in una scuola tecnica permanente», racconta Cimicchi. In sostanza, aiutato dai suoi tre collaboratori congolesi, l'ingegnere ha messo su un team di assistenza tecnica operativo nella regione orientale del Nord e Sud Kivu. «Andiamo in tutte le Ong a fare assistenza tecnica ed i compensi vanno alla scuola. Poi, la Signis, (l'azienda del Vaticano che fornisce ai salesiani le connessioni satellitari, ndr) ci ha chiesto di fare installazioni satellitari in tutto il Congo. In questo modo ci rendiamo autonomi». «Di certo sarà uno dei ragazzi che rappresenteranno il Congo del futuro», dice senza esitazioni il maestro italiano pronto a scommettere che Bahati diventerà un «ottimo ingegnere». A Bahati, mancato principe di un villaggio dove regna solo la disperazione, il futuro sembra sorridere. Diversa la storia, delle migliaia di bambini-soldato che trovano rifugio al Centro Don Bosco dopo anni di kalashikov sulle spalle anzichè di un pallone da calciare tra i piedi.

Si aggirano intorno all'aula dei computer, ma pochi hanno il coraggio di entrare. I loro occhi sono spenti. Dopo anni in cui sono stati comandati ed abituati a non pensare. Ora sono liberi, ma non riescono ad abituarsi alla vita.

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