Consulta, il Colle rimette Di Pietro al suo posto

Dopo l'attacco di Di Pietro alla Camera, il capo dello Stato ritiene infondata la richiesta di un suo intervento dopo la cena di alcuni politici, tra cui il premier, a casa del giudice Mazzella. Ma il leader dell'Idv insiste. La replica del giudice Napolitano: "Tentata intimidazione"

Consulta, il Colle rimette Di Pietro al suo posto

Roma - Dopo il durissimo attacco di Di Pietro ai giudici del Csm proseguono, sempre più aspre, le polemiche sul Lodo Alfano. In ambienti vicini al Quirinale si rileva che non avrebbe alcun fondamento istituzionale la richiesta di un intervento del Presidente della Repubblica, che finirebbe con l'interferire nella sfera di autonomia della Corte Costituzionale. Sembra sfumare, quindi, il tentativo di trascinare Napolitano nel duro scontro che l'opposizione ha scatenato contro il governo. Ma il leader dell'Italia dei valori, Antonio Di Pietro, insiste chiedendo l'intervento del Capo dello Stato. E il giudice costituzionale Paolo Maria Napolitano - presente alla famosa cena in casa Mazzella - insorge: "Questa è un'intimidazione".

Di Pietro: ridare credibilità alla Corte Al Quirinale l’Italia dei valori non chiede di interferire nelle decisioni della Corte costituzionale, ma di restituirle "la credibilità e la sacralità". Un compito che "spetta solo a lui in quanto garante della Costituzione". Lo precisa Di Pietro. "Al presidente Napolitano chiediamo non di interferire nelle decisioni della Consulta, ma l’esatto contrario, ossia di ripristinare la credibilità e la sacralità di questo organo costituzionale, compito che spetta solo a lui in quanto garante della Costituzione". 

Il giudice Napolitano: "Intimidazione" Come il collega Mazzella, il giudice costituzionale Napolitano non ha intenzione di astenersi dalla seduta della Corte sul lodo Alfano, fissata per il prossimo 6 ottobre. Anzi, Paolo Maria Napolitano dice di ritenere che la richiesta di dimissioni, avanzata dall’Idv nei confronti dei due giudici che hanno partecipato alla cena con il premier e con il ministro della Giustizia, "possa essere interpretata come un tentativo di intimidazione". La notizia ha provocato una "reazione spropositata", ha detto. Se gli si domanda a quale genere di intimidazione si riferisca, Napolitano spiega: "Non sono un dietrologo. Sto ai fatti, e cioè che c’è stata una reazione violenta e sproporzionata rispetto al tipo di contestazione. E la contestazione quale era? Quella di essere andato a cena col presidente del Consiglio in carica?" Secondo Napolitano, consigliere di Stato ex capo di gabinetto di Gianfranco Fini, nominato giudice costituzionale dal Parlamento nel 2006, "alcuni per ignoranza, altri per malafede hanno confuso e confondono il ruolo del giudice costituzionale con quello di normali Tribunali, Corti di appello. È chiaro che un giudice di Tribunale non può andare a cena, pranzo o colazione con persone che deve giudicare. Ma in questo caso è diverso: noi - sottolinea - non giudichiamo mica il presidente del Consiglio dei ministri, noi giudichiamo sulle leggi. Poi di tutte le leggi ci sono coloro che ne beneficiano e coloro che invece vengono danneggiati da certe pronunce, ma è un effetto indiretto. Il giudice costituzionale - puntualizza ancora Napolitano - non è un giudice ordinario e non fa parte dell’ordine giudiziario. Basta leggersi la Costituzione".  

La Corte costituzionale: "Non alzare i toni" "Ancora una volta dalla Presidenza della Repubblica viene la giusta indicazione di quali debbano essere i rapporti tra le istituzioni. Di ciò sono profondamente grato. Per quanto mi riguarda, ho accolto ed accolgo l’invito a tutti rivolto a non contribuire ad alzare i toni del dibattito pubblico". Il presidente della Corte Costituzionale Francesco Amirante interviene, con una nota, in merito alle polemiche scaturite dalla cena a casa del giudice costituzionale Luigi Mazzella alla quale, in maggio, parteciparono il premier Berlusconi, il ministro Alfano e il giudice della Consulta Paolo Maria Napolitano. "La Corte Costituzionale - aggiunge Amirante - nella sua collegialità deciderà come ha sempre fatto, in serenità e con imparzialità e obiettività, le questioni sottoposte al suo esame".

Di Pietro rincara la dose Antonio Di Pietro replica al presidente della Corte costituzionale: "Mi dispiace dover contraddire anche il presidente della Corte costituzionale, Francesco Amirante, quando afferma che la Corte giudicherà con serenità e imparzialità. Questo lo dice lui, ma nessuno di noi potrà esserne convinto fino a quando i due giudici, che hanno trescato con l’imputato Berlusconi, non avranno rinunciato a presenziare all’udienza del 6 ottobre o al loro incarico". "Quando si ricopre un ruolo così delicato - insiste il leader di Italia dei valori - non basta affermare di essere indipendenti e imparziali, ma bisogna anche apparire tali. Fino a quando i due giudici rimarranno al loro posto, non sarà possibile avere un giudizio imparziale sulla legittimità del lodo Alfano. Questa imparzialità di fatto, a prescindere dalla buona volontà del presidente Amirante, appare compromessa".

"Noi dell’Italia dei Valori - prosegue Di Pietro - denunciamo per tempo questa anomalia perchè nostro interesse specifico, in quanto siamo promotori di un referendum per l’abrogazione del Lodo Alfano, proprio perchè lo consideriamo incostituzionale. Un milione di cittadini attende il giudizio della Corte, e questo deve essere preso con serenità ed assoluta imparzialità con una decisione concreta e non con parole, che lasciano il tempo che trovano".

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